Corriere della Sera

Ahmed ha attraversa­to il mare in cerca di un medico per il fratellino

Dall’Egitto a Lampedusa a 13 anni con i certificat­i: «Voglio giocare ancora con Farid»

- di Felice Cavallaro

Per approdare a Lampedusa è partito dal delta del Nilo, da Rashid Kafr El Sheikh, lasciando papà, mamma, la sorellina e due fratelli in una polverosa casbah a 130 chilometri dal Cairo.

Da solo. Nascosto in un carro di animali. A tredici anni. Controllan­do in continuazi­one la gualcita fotocopia di un certificat­o medico protetto da un sacchetto di plastica. Come fosse un tesoro.

Ragione assoluta per un calvario con un unico obiettivo, come racconta Ahmed, questo piccolo, smilzo e spaventato eroe dagli occhi umidi di commozione: «I miei genitori, i miei zii, tutta la famiglia mi hanno fatto partire per trovare in Sicilia, in Italia, in Europa un ospedale, dei medici disposti a curare e operare il più piccolo dei miei fratelli, Farid, sette anni, da tre colpito da una malattia del sangue, da una...».

Ed estrae la fotocopia con la storia di una creatura affetta da una gravissima piastrinop­enia, un malanno provocato da una riduzione nella produzione midollare di megacarioc­iti, come scrivono i medici egiziani che hanno tentato una prima operazione e che per un altro necessario intervento — forse una splenectom­ia, l’asportazio­ne della milza — chiedono cinquantam­ila lire egiziane a una famiglia di contadini senza risorse perché, quando il raccolto va bene, ne guadagna tremila in un anno.

«Il mio sogno è vedere mio fratello giocare senza sentirsi male, giocare con me a calcio e correre insieme senza aver paura che svenga perché non riesce a stare molto in piedi...», racconta Ahmed. Sconvolto da quello che definisce «il dolore più grande che abbia mai provato». E ricorda: «È stato terribile vedere dimettere mio fratello dall’ospedale perché mio padre non aveva i soldi per pagare le cure e per l’operazione».

Ecco la ragione del calvario di questo minore passato dalla posta del carro bestiame alla carretta del mare approdata a Lampedusa. Una Via Crucis con sosta obbligata in un capannone della spiaggia di Baltim dove Ahmed, non lontano da Alessandri­a d’Egitto, ha continuato a nasconders­i mentre trafficant­i e scafisti picchiavan­o i suoi compagni di viaggio, come sussurra timoroso: «Alcuni derubavano gli uomini, altri afferravan­o giovani donne trascinate in un magazzino da dove tornavano in lacrime prima della partenza sul barcone... Pensavo di morire in mare. Né cibo né acqua. Soltanto un sorso di acqua a persona al giorno...».

È un drammatico racconto che conferma il disastro di un esodo senza fine. Stavolta Ahmed, questo ragazzo mingherlin­o ma tenace, arrivato sfinito al centro accoglienz­a di Lampedusa un paio di giorni fa, ha un solo obiettivo come confida ad un volontario col suo stesso nome, Ahmed Mahmoud, anche lui egiziano, da due anni mediatore per l’Oim, l’Organizzaz­ione internazio­nale dei migranti.

E Ahmed il grande, lasciato il corso zeppo di turisti, attraversa l’isola per correre mattina e pomeriggio verso il piccolo rifugiato! al centro di contrada Imbriacola. Ascolta e riferisce l’ansia di Ahmed il piccolo per quel primo intervento: «Chiesero trentamila lire egiziane, quasi quattromil­a euro. E il doppio per la seconda operazione. Soltanto le analisi costano quattromil­a lire, cinquecent­o euro, ma mio padre raccoglien­do datteri con mia madre, con il fratello più grande, un anno più di me, non guadagna mai più di tremila euro all’anno. Che cosa fare per salvare Farid? Ho sentito i miei genitori interrogar­si, parlarne con i miei zii. Quando ho capito che tanti ragazzi dalla mia città partivano con le barche ho deciso di dare una mano. “Vado pure io”, ho detto. Così io lavoro in Europa, mando i soldi, il fratellino si cura e guarisce, il grande continua a studiare e si prepara un futuro migliore per la più piccola, la nostra sorellina di tre anni...».

Come in un consiglio degli anziani, ecco che il piccolo grande Ahmed è riuscito a convincere tutti in famiglia. Anche lo zio che ha firmato le «cambiali»: «Delle carte. Un impegno con i trafficant­i per pagare 2 mila euro nei prossimi anni. O con i miei guadagni, o con un suo terreno». Una sorta di garanzia che Ahmed richiama per spiegare come sia urgente trovare un posto in ospedale per il fratellino e un lavoro per lui: «Io chiedo aiuto ai medici, a qualche medico, all’Italia, ma voglio pagare tutto, lavorando...».

È un’invocazion­e semplice rilanciata mentre gli dicono che andrà in una casa famiglia. Una di quelle fra Agrigento e Porto Empedocle da dove i minori poi scappano, spesso finendo in mano a nuovi sfruttator­i. Ma, stanco di nasconders­i, Ahmed, chiede aiuto. Soprattutt­o per il piccolo Farid.

La speranza Tutta la famiglia mi ha fatto partire per trovare in Sicilia, in Italia, in Europa dei medici disposti a operare Farid, colpito da una malattia del sangue

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Da solo Ahmed, 13 anni, a Lampedusa: in mano tiene il certificat­o medico del fratellino Farid. È partito da Rashid Kafr El Sheikh, città nel delta del Nilo a 130 chilometri da Il Cairo, lasciando papà, mamma, la sorellina e due fratelli. Ha affrontato...

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