Ritratto di una nonna
Le cure e l’affetto durante la malattia Il racconto familiare firmato dalla nipote
Gaia Squarci è una giovane fotografa italiana che vive a New York. Ama raccontare per immagini delle storie, come l’addestramento degli astronauti alle Hawaii o una stazione sciistica in Iran. Un anno fa sua nonna Marisa si è ammalata di cancro al fegato. Gaia è tornata in Italia, il sentimento di una nipote che vede spegnersi giorno dopo giorno una persona cara si è sovrapposto a quello della cronista. Così ha preso la macchina fotografica e ha iniziato a scattare. Un impulso professionale per gestire il dolore personale, la consapevolezza che quei momenti così intimi, quegli oggetti così comuni, rappresentassero una memoria universale.
Nonna Marisa, morta a 85 anni l’11 ottobre del 2015, due tumori al seno sconfitti fino a quell’ultimo che non le ha lasciato scampo, si è mostrata senza pudore. Perfino divertita: «Finirò su Vogue o su Marie Claire?» scherzava con la nipote.
Il mondo attorno a un malato terminale, come ha osservato la stessa Squarci, si stringe sempre di più: poche pareti, strade via via più anguste. Ogni piccolo dettaglio assume un significato profondo. Per nonna Marisa era il bagno, che la figlia Chiara non delegava a nessuno. E poi i profumi, a cui non rinunciava mai uscendo da casa. O una tazza di tè, o ancora le fotografie di famiglia, nell’album o appese al muro.
In questi scatti non c’è solo la cronaca, impietosa eppure lieve, della malattia. Ci sono tre generazioni di donne che fanno i conti con se stesse e con la propria storia: tutte e tre imparano ad accettare l’idea della morte, tutte e tre sono convinte che mostrarsi davanti a un obiettivo è un modo per sopravvivere in qualche modo.
Gaia Squarci non è l’unica fotografa ad avere sentito la necessità di farlo. Nancy Borowick ha ritratto entrambi i genitori malati e quel reportage le ha fatto vincere quest’anno una sezione del World Press Photo. Anche Mark Seymour, che in genere corre con la macchina fotografica dietro gli sposi, ha fissato gli ultimi quattro anni di vita del padre Ronnie affetto dall’Alzheimer. Spiegando con semplicità: «Mi ha permesso di trascorrere dal tempo con lui e di provare la sensazione di fare qualcosa di concreto».