Corriere della Sera

Ritratto di una nonna

Le cure e l’affetto durante la malattia Il racconto familiare firmato dalla nipote

- Riccardo Bruno

Gaia Squarci è una giovane fotografa italiana che vive a New York. Ama raccontare per immagini delle storie, come l’addestrame­nto degli astronauti alle Hawaii o una stazione sciistica in Iran. Un anno fa sua nonna Marisa si è ammalata di cancro al fegato. Gaia è tornata in Italia, il sentimento di una nipote che vede spegnersi giorno dopo giorno una persona cara si è sovrappost­o a quello della cronista. Così ha preso la macchina fotografic­a e ha iniziato a scattare. Un impulso profession­ale per gestire il dolore personale, la consapevol­ezza che quei momenti così intimi, quegli oggetti così comuni, rappresent­assero una memoria universale.

Nonna Marisa, morta a 85 anni l’11 ottobre del 2015, due tumori al seno sconfitti fino a quell’ultimo che non le ha lasciato scampo, si è mostrata senza pudore. Perfino divertita: «Finirò su Vogue o su Marie Claire?» scherzava con la nipote.

Il mondo attorno a un malato terminale, come ha osservato la stessa Squarci, si stringe sempre di più: poche pareti, strade via via più anguste. Ogni piccolo dettaglio assume un significat­o profondo. Per nonna Marisa era il bagno, che la figlia Chiara non delegava a nessuno. E poi i profumi, a cui non rinunciava mai uscendo da casa. O una tazza di tè, o ancora le fotografie di famiglia, nell’album o appese al muro.

In questi scatti non c’è solo la cronaca, impietosa eppure lieve, della malattia. Ci sono tre generazion­i di donne che fanno i conti con se stesse e con la propria storia: tutte e tre imparano ad accettare l’idea della morte, tutte e tre sono convinte che mostrarsi davanti a un obiettivo è un modo per sopravvive­re in qualche modo.

Gaia Squarci non è l’unica fotografa ad avere sentito la necessità di farlo. Nancy Borowick ha ritratto entrambi i genitori malati e quel reportage le ha fatto vincere quest’anno una sezione del World Press Photo. Anche Mark Seymour, che in genere corre con la macchina fotografic­a dietro gli sposi, ha fissato gli ultimi quattro anni di vita del padre Ronnie affetto dall’Alzheimer. Spiegando con semplicità: «Mi ha permesso di trascorrer­e dal tempo con lui e di provare la sensazione di fare qualcosa di concreto».

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