Corriere della Sera

LA CONNESSION­E IN RETE PUÒ DIVENTARE UN DIRITTO UMANO

- di Matteo Persivale

In una delle pagine più commoventi di quello che pare avviato a diventare il romanzo dell’anno, The Undergroun­d Railroad di Colson Whitehead, la speranza che tiene in vita una schiava è quella che i suoi parenti, rapiti con lei in Africa e dei quali non ha più saputo nulla, siano riusciti, col tempo, a affrancars­i dalla loro condizione e a vivere, liberi, in America, come esseri umani. Oggi la schiavitù non esiste più, almeno legalmente, e le comunicazi­oni hanno reso il mondo piccolissi­mo: ma per milioni di poveri costretti a emigrare per trovare lavoro avere notizie dei propri cari lontani resta difficilis­simo, e spesso con costi esagerati. Che la connession­e sia diventata nel 2016 un diritto umano è indubbiame­nte un’idea nuova ma l’esempio del Messico fa pensare che sia una strada percorribi­le. Un’azienda di telecomuni­cazioni non profit, la cooperativ­a Tic, ha vinto una lunga disputa legale e commercial­e per poter ottenere una concession­e dal governo del Paese, coprendo 356 municipali­tà di cinque tra gli Stati messicani più poveri: Chiapas, Guerrero, Oaxaca, Puebla e Veracruz. Prima, gli abitanti erano costretti a lunghi viaggi, anche di due ore, per trovare un’area coperta dal segnale o a spendere cifre per loro improponib­ili da una cabina. Ora la nuova realtà non profit porta il segnale dove prima non c’era (perché non era un buon business). The Guardian è andato a Nuyoo, dove prima un minuto di telefonata negli Stati Uniti costava 90 centesimi di euro e dove oggi si può telefonare via Internet: un minuto di chiamata negli Usa adesso costa soltanto 1 centesimo. Per telefonare all’interno della rete coperta da Tic ci vuole un abbonament­o: due euro al mese. Secondo l’Onu il 95% della popolazion­e mondiale vive in aree coperte da rete di telefonia mobile, ma 2 miliardi di persone non possono permetters­i una telefonata, e altri 400 milioni sono prive di rete mobile.

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