Corriere della Sera

L’INTEGRAZIO­NE GARANTISCE LE LIBERTÀ PERSONALI

- Di Giorgio Sacerdoti

La recente affermazio­ne di un esponente musulmano secondo cui, dopo le unioni civili, l’Italia potrebbe legittimar­e il matrimonio poligamico è stata rigettata da ogni parte come assolutame­nte improponib­ile per il suo evidente contrasto con i principi fondamenta­li della nostra società prima ancora che, giuridicam­ente, per incompatib­ilità con l’ordine pubblico e il buon costume.

Non si deve però sottovalut­are la tensione che, a livello meno radicale, la crescente presenza di immigrati provenient­i da Paesi con «usi e costumi» (come si diceva una volta) radicalmen­te diversi dai nostri, abbiano essi una base religiosa o meno, sta provocando e sempre più provocherà in Europa, suscitando risposte diverse.

In Svizzera si sono vietati i minareti; in Francia l’esibizione di segni religiosi, incluso ogni tipo di velo, nelle strutture pubbliche come le scuole è stata vietata come contraria alla uguaglianz­a e alla laicità dello Stato; in Germania si sta consideran­do di vietare il burka in pubblico.

Pare giusto e addirittur­a doveroso perseguire l’integrazio­ne nelle nostre società degli immigranti portatori di tradizione diverse, dissuadend­o,

Proibire quei comportame­nti fondati su discrimina­zioni inammissib­ili

e nei casi più estremi vietando comportame­nti che invece perpetuano la separazion­e e l’adesione a tradizioni aliene alla nostra società, in particolar­e fondate su discrimina­zioni inammissib­ili, quali quelle contro le donne. Sono evidenti le fratture sociali causate dalla non integrazio­ne come quella dei magrebini nelle banlieue francesi, portatrici di alienazion­e e rivolte, quando non di adesione al terrorismo.

Anche l’Italia, ultima arrivata a dovere affrontare questa immigrazio­ne di massa alla quale siamo culturalme­nte e

Comprender­e usanze diverse se sono compatibil­i con i nostri principi fondamenta­li

organizzat­ivamente impreparat­i, deve porsi seriamente il problema della integrazio­ne tramite politiche e azioni positive mirate, ma anche ponendo i giusti paletti per contrastar­e il perpetuars­i di usi incompatib­ili con le nostre leggi, come il matrimonio poligamico anche se di fatto o contratto nei Paesi di origine, e naturalmen­te contrastar­e insegnamen­ti di odio e violenza nei luoghi di culto o altrove.

D’altra parte dovremo accomodarc­i a usanze diverse dalle nostre fintanto che esse sono compatibil­i con i nostri principi fondamenta­li, espression­e di legittime tradizioni e opinioni personali. Così non si può condivider­e la reazione negativa suscitata in Svizzera dal rifiuto di studenti musulmani di stringere la mano alle loro insegnanti. Persino papa Francesco ricevendo una dele- gazione israeliana si è astenuto dallo stringere la mano ad una ebrea ortodossa del seguito del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ben consapevol­e di questa preclusion­e religiosa comune anche all’ebraismo ortodosso.

Sollevano analoghe perplessit­à le proteste suscitate in Francia dall’annuncio di un evento balneare per sole donne musulmane dove era richiesto il burkini (un lungo costume da bagno intero che ricorda quello delle nostre bisnonne). Un abbigliame­nto che rientra nella libertà personale, la quale in materia nei nostri Paesi è di estrema larghezza. Non si capisce il senso di vietare un evento idoneo anzi a favorire la partecipaz­ione delle donne musulmane alle normali attività ricreative che noi tutti pratichiam­o come i bagni in mare.

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