L’INTEGRAZIONE GARANTISCE LE LIBERTÀ PERSONALI
La recente affermazione di un esponente musulmano secondo cui, dopo le unioni civili, l’Italia potrebbe legittimare il matrimonio poligamico è stata rigettata da ogni parte come assolutamente improponibile per il suo evidente contrasto con i principi fondamentali della nostra società prima ancora che, giuridicamente, per incompatibilità con l’ordine pubblico e il buon costume.
Non si deve però sottovalutare la tensione che, a livello meno radicale, la crescente presenza di immigrati provenienti da Paesi con «usi e costumi» (come si diceva una volta) radicalmente diversi dai nostri, abbiano essi una base religiosa o meno, sta provocando e sempre più provocherà in Europa, suscitando risposte diverse.
In Svizzera si sono vietati i minareti; in Francia l’esibizione di segni religiosi, incluso ogni tipo di velo, nelle strutture pubbliche come le scuole è stata vietata come contraria alla uguaglianza e alla laicità dello Stato; in Germania si sta considerando di vietare il burka in pubblico.
Pare giusto e addirittura doveroso perseguire l’integrazione nelle nostre società degli immigranti portatori di tradizione diverse, dissuadendo,
Proibire quei comportamenti fondati su discriminazioni inammissibili
e nei casi più estremi vietando comportamenti che invece perpetuano la separazione e l’adesione a tradizioni aliene alla nostra società, in particolare fondate su discriminazioni inammissibili, quali quelle contro le donne. Sono evidenti le fratture sociali causate dalla non integrazione come quella dei magrebini nelle banlieue francesi, portatrici di alienazione e rivolte, quando non di adesione al terrorismo.
Anche l’Italia, ultima arrivata a dovere affrontare questa immigrazione di massa alla quale siamo culturalmente e
Comprendere usanze diverse se sono compatibili con i nostri principi fondamentali
organizzativamente impreparati, deve porsi seriamente il problema della integrazione tramite politiche e azioni positive mirate, ma anche ponendo i giusti paletti per contrastare il perpetuarsi di usi incompatibili con le nostre leggi, come il matrimonio poligamico anche se di fatto o contratto nei Paesi di origine, e naturalmente contrastare insegnamenti di odio e violenza nei luoghi di culto o altrove.
D’altra parte dovremo accomodarci a usanze diverse dalle nostre fintanto che esse sono compatibili con i nostri principi fondamentali, espressione di legittime tradizioni e opinioni personali. Così non si può condividere la reazione negativa suscitata in Svizzera dal rifiuto di studenti musulmani di stringere la mano alle loro insegnanti. Persino papa Francesco ricevendo una dele- gazione israeliana si è astenuto dallo stringere la mano ad una ebrea ortodossa del seguito del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ben consapevole di questa preclusione religiosa comune anche all’ebraismo ortodosso.
Sollevano analoghe perplessità le proteste suscitate in Francia dall’annuncio di un evento balneare per sole donne musulmane dove era richiesto il burkini (un lungo costume da bagno intero che ricorda quello delle nostre bisnonne). Un abbigliamento che rientra nella libertà personale, la quale in materia nei nostri Paesi è di estrema larghezza. Non si capisce il senso di vietare un evento idoneo anzi a favorire la partecipazione delle donne musulmane alle normali attività ricreative che noi tutti pratichiamo come i bagni in mare.