Sindacati all’attacco sui contratti: ridateci dignità
Su un punto i sindacati sono concordi: per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici il nodo fondamentale è capire quante risorse il governo stanzierà nella prossima manovra. I sindacati hanno fatto i conti: servono 7 miliardi per tre anni, «il minimo per restituire dignità e professionalità ai lavoratori e recuperare potere di acquisto — taglia corto Nicola Turco della Uilpa —. Altrimenti si ragiona sul nulla». Di certo non sono una risposta adeguata i 300 milioni messi sul piatto dall’esecutivo dopo la sentenza della Corte Costituzionale del giugno 2015 che dichiarava illegittimo il blocco del rinnovo che dura da 7 anni. Di fatto, però, ci sono oltre 3 milioni di lavoratori nel pubblico, più altri 5 nel privato, a cominciare dai metalmeccanici, che attendono. E il totale arriva a 12 milioni se si sommano anche le prossime scadenze contrattuali del 2016. Nell’acceso confronto si inserisce il Codacons che promuove una class action al Tar del Lazio calcolando che un equo indennizzo per ogni lavoratore pubblico «ammonterebbe a 10.400 euro dopo il mancato adeguamento salariale dal 2010 al 2015». Secondo uno studio della Cisl Fp, sono tornati ai livelli del 2001 gli stipendi di ministeriali, personale di enti locali e agenzie statali. Con il blocco contrattuale «lo Stato ha risparmiato circa 11 miliardi — ricorda Giovanni Faverin della CislFp — ma i dipendenti pubblici hanno perso in media da 3 a 5 mila euro, più i contributi previdenziali». E Michele Gentile della Cgil- Pubblico impiego, precisa che «in busta paga a ogni dipendente pubblico mancano 212 euro al mese, 132 euro netti, per ogni anno di blocco contrattuale». Il confronto governo-sindacati in autunno è chiamato a stabilire «le priorità», reclutamento, mobilità, valutazione e rinnovo del contratto. Questi contenuti verranno inseriti nell’atto di indirizzo che il ministro della Pa, Marianna Madia, trasmetterà all’Aran a metà settembre, in concomitanza con la preparazione della legge di Stabilità. Lì si dovrà trovare una strada percorribile tra l’equilibrio dei conti pubblici e la necessità di fare crescere l’economia.