Caos Libia, nuovo presidente per il fondo sovrano socio di Unicredit
Cambiano ancora una volta i vertici del fondo sovrano libico Lia (Libyan investment authority), il braccio finanziario dello Stato nordafricano, che gestisce beni stimati in circa 60 miliardi di dollari e in Italia ha partecipazioni fra l’1% e il 2% in Unicredit, Eni, Fca, Enel, Fiat-Chrysler, Leonardo Finmeccanica. Il governo di unità nazionale di Tripoli, riconosciuto dall’Onu, e guidato dal premier Fayez al Sarraj, ha nominato un «comitato direttivo ad interim per l’amministrazione del Lia». L’organo direttivo è composto da cinque persone: presidente è Ali Mahmoud Hassan Mohamed — che il quotidiano libico online «Lybia Herald» definisce come «veterano dell’era di Muammar Gheddafi ed ex numero uno della Lybia Oil Holding — e Abdulaziz Ali, Alhadi Kaabar, Khalid Altaher e Ahmed Ammar come membri del board. Il comitato si occuperà delle controversie legali ma non ha il potere di trasferire o utilizzare i beni del fondo. Tra le cause legali la più importante è a Londra, dove pende una maxi-richiesta di risarcimento danni promossa dal Lia contro Goldman Sachs e Societé Générale, per i 3 miliardi di dollari che il fondo ha perso negli investimenti proposti dalle due banche d’affari, con il contorno di presunte corruzioni di manager del fondo sovrano (le due banche hanno sempre respinto le contestazioni).
La nomina si inserisce in un contesto di grande incertezza sulla gestione del Lia: sempre a Londra, parallelamente alla controversia con le banche, è in discussione una causa tra due presidenti del Lia, ciascuno nominato da rispettivi governi di riferimento, quello di Tripoli e quello di Tobruk (l’unico riconosciuto a livello internazionale prima dell’esecutivo Serraj) circa la titolarità effettiva del Lia: da un lato Abdulmagid Breish, dall’altro Hassan Bouhadi, che gestiva il fondo in esilio da Malta ed aveva il controllo materiale dei beni e dei conti. Per questo motivo al meeting internazionale dei fondi sovrani (Ifswf) tenutosi a Milano lo scorso ottobre aveva preso parte proprio Bouhadi, incontrando anche i vertici di Unicredit e Eni. In Libia in caos comunque è ovunque: giovedì 11 Bouhadi si è dimesso dopo essere stato messo agli arresti domiciliari, riferisce «Libya Herald», dal governo di Serraj. Che appena a marzo l’aveva confermato al fondo.