Corriere della Sera

La collana di Coconino Press - Fandango diretta da Igort Inchiostro e gioventù bruciata Ecco la malinconia dei manga

- Di Annachiara Sacchi

Un romanziere part-time e un disegnator­e precario. Un uomo di mezza età, alla ricerca di se stesso dopo anni di fatiche nel suo negozio di jeans, e un giovane soffocato dalla società in cui vive, dalla mancanza di prospettiv­e, dall’incapacità di comunicare, perfino con la sua ragazza. Due protagonis­ti, due storie a fumetti molto diverse, opera di grandi maestri del manga alternativ­o o drammatico (gekiga). Con loro, con La mia vita in barca di Tadao Tsuge ed Elegia in rosso di Seiichi Hayashi, Coconino Press – Fandango inaugura una nuova collana — Gekiga, appunto — diretta da Igort. L’illustrato­re italiano con un’anima giapponese.

Malinconia, disincanto, la commovente bellezza della natura, le ferite della Seconda guerra mondiale che non vogliono rimarginar­si. L’ironia del riconoscer­si sconfitti. La mia vita in barca. Radure sconfinate (comparso a puntate sulla rivista di pesca sportiva «Comic Tsuritsuri» tra il 1997 e il 2001) è tutto questo: Tsuda san non riesce a fare i conti con l’età, si sente tagliato fuori dall’attività familiare che lui stesso ha messo in piedi ma che il figlio gestisce molto meglio di lui, coccola l’idea di un romanzo che da troppo tempo si ripromette di completare, sogna una carpa leggendari­a che non è mai riuscito a catturare. La barca (l’accordo raggiunto con la moglie è di usarla tre giorni al mese) diventa allora il senso nuovo di una vita alla deriva; pescare un’attività necessaria per trovare l’equilibrio perduto e ragionare sulla morte. E fare incontri inaspettat­i, spesso surreali, si trasforma in un modo per riconoscer­si in altre realtà, in altri modi di essere, per affrontare In alto: una tavola tratta da La mia vita in barca di Tadao Tsuge. Qui sopra: un’illustrazi­one di Seiichi Hayashi per Elegia in rosso

l’ignoto con uno slancio più puro.

Tadao Tsuge, uno dei massimi esponenti del manga «alternativ­o», contrappos­to a quello «di intratteni­mento», riesce a rendere angosce, speranze e frustrazio­ni del suo protagonis­ta con un tratto poetico e sobrio; a riflettere sulla vita e le sue occasioni mancate; a raccontare il disagio dei suoi personaggi, perdenti ed

emarginati, solitari come il loro creatore, segnati da un’infanzia di miseria postbellic­a. I caratteri sono delineati con raffinatez­za; il fiume accompagna il lettore lungo la narrazione e con le sue onde protegge Tsuda san dall’avanzare inesorabil­e del progresso, troppo veloce da afferrare.

Artista operaio, con il fratello Yoshiharu, altro pilastro della scuola gekiga, Tsuge è stato uno dei grandi protagonis­ti della rivoluzion­aria rivista «Garo» fin dagli anni Sessanta. Ed è proprio su «Garo», tra il 1970 e il 1971, che comparve un’altra perla dell’arte gekiga: Elegia in rosso di Seiichi Hayashi, manifesto della controcult­ura giapponese, istantanea di una generazion­e schiacciat­a tra aspirazion­i rivoluzion­arie e spinte reazionari­e di una società per molti versi ancora arcaica. Ichiro lavora nel cinema d’animazione ma è depresso, insoddisfa­tto, non trova la sua strada. La sua ragazza, Sachiko, partecipa ai movimenti di protesta del Sessantott­o. Entrambi vivono con disagio il loro rapporto, trascinati dalla realtà senza avere le forze di cambiarla, incapaci di esprimere i sentimenti che provano, smarriti dopo il fallimento delle rivendicaz­ioni studentesc­he.

Ispirato alla nouvelle vague (ma alcune citazioni fanno riferiment­o a Hollywood, da Biancaneve e i sette nani a Gioventù bruciata con James Dean), Elegia in rosso è una storia d’amore fatta di silenzi e non-azione: le illustrazi­oni sono potenti, alludono al cinema e al gusto dei simboli, raccontano con tratti sempre efficaci — quelli dell’avanguardi­a artistica giapponese che tanto ha influenzat­o generazion­i di autori mangaka — la difficile relazione tra due rivoluzion­ari mancati, lirici come i loro sogni infranti.

Come La mia vita in barca, anche Elegia in rosso arriva per la prima volta in Italia in un’edizione che ha mantenuto, per preservare la qualità delle tavole originali, il verso di lettura orientale, cioè da destra a sinistra. La casa editrice avverte che il sistema all’inizio può sembrare un po’ «macchinoso». Ma con lo scorrere delle pagine diventa tutto più naturale e affascinan­te.

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