Corriere della Sera

Poli-Vukotic-Prati: «Sorelle Materassi» fedeli al romanzo

- Di Franco Cordelli

Ugo Chiti ha tratto da Sorelle Materassi di Aldo Palazzesch­i, romanzo del 1934, una fedele e bellissima commedia che ha di tutto suo una straordina­ria agilità.

A Borgio Verezzi Geppy Gleijeses l’ha messa in scena, mantenendo l’equilibrio tra l’accento patetico e quello drammatico, con tre attrici che al romanzo pienamente rendono il suo onore. Lucia Poli ricama (Teresa è una ricamatric­e prima per la nobiltà fiorentina, poi per la meno ricca e meno esigente clientela del paese di Coverciano) ricama con sottigliez­za i passaggi dall’entusiasmo allo sconforto, alle nuove, piccole gioie che la solitaria vita ancora le concede. Milena Vukotic (Carolina) è ricamatric­e anche lei, si abbandona spesso ai toni crepuscola­ri che il romanzo e la commedia le assegnano. Marilù Prati (Giselda), come sorella ribelle allo stile di vita raccolto e rassegnato delle altre, ha da sempre reagito con scatti d’ira, lampi di rivolta, accensioni fulminee, un po’ futuriste.

C’è una quarta Materassi. Viveva in Ancona, è deceduta, ha lasciato in eredità il figlio Remo Trio Lucia Poli, 75 anni, Milena Vukotic (78) e Marilù Prati (62) in un momento della pièce (Gabriele Anagni). Quando Remo arriva a Coverciano la vita di Teresa, Carolina e Giselda cambia.

Tutto si ravviva, la quiete di cui godeva la loro casa diventa animazione, o trambusto, o confusione, o dispersion­e. Remo la vita se la vuole godere, non si fa scrupolo alcuno, poco a poco dilapida ciò che il lavoro delle sorelle ricamatric­i aveva raccolto. Alla fine Remo si sposa, addirittur­a con un’americana, Peggy.

Ma celebrato il matrimonio (qui, nella regia, c’è un eccesso di grottesco nel personaggi­o di Peggy) Remo parte; le sorelle, che una ventata di bella e sciagurata vita aveva travolto, rimangono povere e sole, ma non solitarie. L’ultima immagine è rivelatric­e dello spirito del romanzo. Sedute intorno al tavolo da lavoro, Teresa, Carolina e la governante Niobe (Sandra Garuglieri) guardano le foto di Remo, ne ammirano la maschile bellezza, di questa bellezza le ricamatric­i non sapevano nulla. Ora che sono così tristi, in realtà lo saranno un po’ meno, sono depositari­e di un patrimonio di cui ignoravano l’esistenza.

In quanto allo spirito del romanzo c’è una frase che ne rivela il segreto. «Sono belle le americane?» chiede Carolina. «Sono come tutte le altre donne» risponde Teresa — e, «dicendo “donne” pareva nominare una merce all’ingrosso, dei commestibi­li di pura necessità».

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