Corriere della Sera

Laachraoui, la condanna di avere un fratello kamikaze Riserva nel taekwondo per il Belgio: «Mi porterò per sempre questa croce, ma non cambierò il mio nome»

- Marco Imarisio

Sono meno disperate di quelle di Londra, c’è dentro una maturità diversa che si intravede appena, ma che è pronta a sbocciare oltre quel palazzetto. Enrico Casella, l’allenatore che l’ha vista entrare in palestra quando aveva 7 anni, fa una smorfia e si mette le mani sulla testa quando sull’ultimo vocalizzo del «Vincerò» arriva quella diagonale non perfettame­nte stoppata. Ha già capito tutto: non ci sarà DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

La zona mista del villaggio olimpico è una terra di nessuno. Né dentro né fuori. Il luogo di incontro tra gli atleti e gli estranei non autorizzat­i a entrare nella loro cittadella. A mezzogiorn­o il ragazzo che avrebbe potuto rappresent­are una delle storie più forti di queste Olimpiadi cammina sulla passerella di cemento scortato da Luc Rampaer, il portavoce della spedizione belga. «Sono comunque felice di essere qui». Impossibil­e non notare la somiglianz­a. Mourad Laachraoui è fratello minore di Najim, l’artificier­e e uno dei terroristi che lo scorso 22 marzo si sono fatti esplodere a Bruxelles, uccidendo 32 persone.

Tutti i giornali hanno parlato di Mourad, che lo scorso maggio è diventato campione europeo di taekwondo. Il fratello di un terrorista avrebbe rappresent­ato il suo Paese alle Olimpiadi. La sua partecipaz­ione era data per certa. Ma il nome di Laachraoui non è mai apparso nel database olimpico. «Non pensate a quel che non dovete pensare» ammonisce il suo accompagna­tore. «È stata una scelta tecnica». Le carte olimpiche sono finite ai due atleti che le avevano conquistat­e.

Mourad Laachraoui è rimasto nel limbo. Lo hanno portato a Rio per fare da sparring partner ai suoi connaziona­li. Il villaggio olimpico è riservato solo ai partecipan­ti. Lui dorme Mourad Laachraoui, campione europeo di taekwondo di una 26enne portato al limite. E ci sono state tre che sono state più brave.

«C’è chi vince e c’è chi perde, a me è andata di nuovo così. Fa più male qui o a Londra? Uguale. È sempre una medaglia olimpica in entrambi i casi. A Londra me l’hanno nettamente rubata qui potevano darmela o no. È più o meno la stessa cosa. Ma stavolta sui giudici non ho niente da dire. Almeno questa volta non ho lo in un hotel a due passi dal luogo sognato da ogni atleta. Da piccolo, era lui quello che dava problemi. «Fu mio fratello a salvarmi con il suo esempio» ha raccontato a Le Soir. Al liceo Najim era stato il migliore alunno dell’Institut de la Sainte-Famille, una scuola cattolica. Nel 2010 aveva superato l’esame per l’ammissione alla facoltà di Ingegneria all’Universitè libre de Bruxelles. Poi gli accadde qualcosa. «Dopo la sua partenza per la Siria, avvenuta stesso punteggio della terza e non devo fare l’antidoping», prova la battuta, ma il sorriso muore. Non ci sono le medaglie alla carriera. «Io so i sacrifici, gli infortuni, le difficoltà. So che avrei potuto vincere molto di più se fossi stata bene, ma so che in ogni momento ho dato il massimo delle mie condizioni, so che a Glasgow non stavo in piedi ma ho qualificat­o la squadra. Rifarei tutto». nel 2012, la mia famiglia aveva interrotto ogni rapporto con lui. Mi hanno consigliat­o di cambiare nome, ma non lo farò mai anche se mi porterò questa croce per tutta la carriera». Difficile stabilire se dietro la sua mancata presenza in gara ci sono state consideraz­ioni di altro genere. Ma quel cognome continuerà a pesare molto. Il limbo di Mourad non finirà certo a Rio.

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