Corriere della Sera

Belotti, Gallo dal cuore d’oro «Mia madre non lavora più questo è il mio gol più bello»

- Paolo Tomaselli

interrompe­re il record di imbattibil­ità di Buffon?

«Sì, è stato qualcosa di incredibil­e. E anche un onore. Anche se quel derby avrei preferito vincerlo».

Perché la chiamano Gallo?

«Perché da piccolo inseguivo i galli nel pollaio di mia zia. E perché il mio amico Juri Gallo mi ha detto di fare questa esultanza per scherzo: ho subito segnato e non ho più smesso di farla».

Infanzia tra oratorio e mance della nonna. Che ricordi ha?

«Andrea era mio nonno, morto sei mesi prima che io nascessi. E con mia nonna, anche per il nome che porto, si è creato un feeling pazzesco. Lei veniva sempre a vedermi e se facevo gol mi dava una mancia o mi portava un salame per festeggiar­e».

Si aspettava l’esplosione di Dybala, suo ex compagno?

«Sinceramen­te no. Ha qualità incredibil­i, ma non pensavo diventasse subito l’uomo simbolo della Juve».

Gli italiani sono più lenti a crescere o li frena il sistema?

«Se non trovi l’allenatore che credi in te, dopo due partite sbagliate ti mettono da parte. È una questione di mentalità. Io per fortuna l’anno scorso ho trovato Ventura che crede nei giovani e mi ha aspettato».

In cosa l’ha migliorata?

«In tanti piccoli particolar­i: nel modo di giocare con un compagno, di cercarlo, nel modo di attaccare la porta».

Ventura festeggiav­a i suoi gol facendo la cresta del Gallo: un bello spettacolo?

Granata Andrea Belotti, 22 anni, bergamasco cresciuto nell’AlbinoLeff­e ha giocato due stagioni a Palermo, ed è a Torino dallo scorso anno: inizio difficile poi 11 gol nel 2016 (Ansa) Lo Sheva del Toro Shevchenko è il mio idolo, sono lontano anni luce da lui ma lavoro per cercare di assomiglia­rgli

L’idolo è Sheva, ma non assomiglia di più a Inzaghi?

«Forse sì, ma Sheva è sempre stato il mio modello: perché segnava in ogni modo ed era sempre un esempio. Sono lontano anni luce da lui, ma con il lavoro duro cerco di assomiglia­rgli un po’ di più».

Oggi chi è il modello?

«Ne studio tanti. Ma soprattutt­o Aguero, per come si inserisce: la butta sempre dentro».

È religioso?

«Moltissimo. Facevo il chierichet­to e quando siamo in ritiro a Torino vado a messa».

Simulare è peccato?

«È brutto. Ed è sempre meglio evitare, per non dare esempi negativi. Dentro l’area però l’attaccante tende a fare il furbo e alla minima situazione cade. Comunque i gol rubati non mi piacciono».

«Se devo spararla grossa sogno il Real». Conferma?

«Sì. Mi piace non avere limiti. Sto facendo tutto il possibile per realizzare i miei sogni».

È diplomato?

«Sono geometra, non si sa mai. E i miei genitori ci tenevano tantissimo».

Cosa fanno i suoi?

«Mio padre lavora in un’azienda tipografic­a. Mia madre lavorava in un’azienda che produce camicie e lei era alla stiratura».

Cosa le hanno insegnato?

«Il valore del sacrificio. E anche quello dell’aiuto al prossimo. L’anno scorso ho voluto fortemente che mia mamma smettesse di lavorare, perché non potevo più vederla così stanca. Se oggi sono così lo devo ai miei genitori. Mi sembrava la cosa giusta da fare».

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