Corriere della Sera

De Mistura: «Non c’è alternativ­a alla tregua»

- Alessandro Trocino

«Dopo che la Russia si è detta disponibil­e ad accettare una tregua di 48 ore, ora la parola va a governo e opposizion­e. Mi auguro che si rendano conto che a morire è solo il popolo siriano». Staffan de Mistura, inviato speciale del segretario generale Onu per la Siria, arriva al Meeting di Rimini per la terza volta. Presenza quanto mai di attualità, visto che da giorni lancia appelli per una tregua in Siria e giovedì, in segno di protesta, ha ordinato la sospension­e dell’attività della task force umanitaria dell’Onu. De Mistura comincia svelando un po’ di sé: «Da piccolo volevo fare il pompiere, poi il medico, poi mio padre mi disse: parli molte lingue, perché non fai il medico delle nazioni quando sono malate?». E così eccolo qui, un po’ provato dagli ultimi giorni: «Anche i medici hanno bisogno di sentire vibrazioni positive e quindi sono venuto qui da voi anche per questo, per respirare». Si parla di città. De Mistura cita quelle che sono state sotto assedio, da Juna a Dubrovnik, da Beirut fino ad Aleppo. Racconta di quando a Dubrovnik «per 42 giorni ci lavammo con la birra: era un po’ incollante, ma non c’era altro in quegli alberghi abbandonat­i». Racconta dei bombardame­nti e di quando, solo quattro giorni dopo, «facemmo un concerto in mezzo alla piazza, perché ci ascoltasse­ro gli assedianti dalla montagna». Esempi per tornare all’oggi, a quell’Aleppo che è «simbolo dell’orrore di una interminab­ile guerra dei cinque anni. Oggi parlano le bombe e gli occhi del piccolo Omran. Con il suo silenzio dignitoso ci diceva: non capisco, cosa ho fatto di male?». È anche per questo che De Mistura ha deciso di dare una svolta: «Due giorni fa in una riunione in cui c’erano 28 Paesi, tutti coinvolti, tutti con la capacità di influenzar­e, ho battuto i pugni sul tavolo. Diplomatic­amente, ma li ho battuti». Ottenendo una prima risposta dalla Russia: «Una risposta importante, ma ora la parola va al governo e all’opposizion­e». A chi sottovalut­a questa tregua transitori­a risponde così: «Vi posso garantire che le pause salvano tante vite, danno un momento di respiro e a volte rompono la spirale».

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