Corriere della Sera

Com’è umano il marziano Bolt Una miniera d’oro di gag: istrione, non nega mai a nessuno un selfie È c’è pure la fidanzata: «la mia first lady» dice lui, «il mio boss» dice lei

- 1 9 Gaia Piccardi

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

È l’uomo che ha allungato l’atletica a dismisura: la sua (tre Olimpiadi al top, un record di longevità), la nostra. Una gara di Usain Bolt non dura mai 9’’81 (100 m), 19’’78 (200), 37’’27 (4x100), gli spiccioli di secondi che ha impiegato per annettersi i Giochi di Rio. Cento metri diventano 1500, tra giri di campo, salita e discesa dalle tribune, falcate felici sul tartan di un palcosceni­co da cui non vorrebbe scendere mai.

Jesse Owens era lo sprinter in bianconero, mitico però lontano, un re congelato dal ghiaccio secco della storia. Jim Hines sfondò il muro dei 10’’, prima di cedere alle lusinghe del football americano, ma non sfondò i cuori. Valeriy Borzov era russo: in Unione Sovietica sorridere non era materia di studio sui banchi di scuola. A Monaco ’72, quando beffa l’americano Taylor e il giamaicano Miller, è impenetrab­ile. La serietà è la maschera di Pietro Mennea, il monaco laico di Barletta che concepiva l’atletica come missione, altro che show planetario. Carl Lewis convogliav­a la sua vena eccentrica verso spot ben retribuiti: i tacchi a spillo sui blocchi per Pirelli, ad esempio. In pista era il prototipo del superprofe­ssionista made in Usa, come Michael Johnson. Fai il tuo lavoro, e leva le tende. Non un secondo in più del minimo sindacale, nemmeno un sorriso gratis. Linford Christie era antipatico, gonfio di presunzion­e e (poi) efedrina. Maurice Green e Justin Gatlin? Vedi alla voce statuniten­si.

E poi, nel 2008 a Pechino, arriva Bolt. Nulla è banale, quando c’è lui nei paraggi. I 100 metri nel Nido sono una roba mai vista: vince l’oro con il record del mondo (9’’69) e con una scarpa, la sinistra, slacciata. «Ti sei accorto?» gli abbiamo chiesto dopo. «No». E quando ti sei rivisto cosa hai pensato? «Figo!» (cool, ndr). Lì, nella notte cinese in cui si sarebbe strafogato di bocconcini di pollo di McDonald’s, si è inventato un gesto che ormai è trademark, protetto come un marchio registrato: il lampo. Sono otto anni che chiunque glielo chiede: da Beckham al principe Harry, da Paris Hilton a Lewis Hamilton, dai calciatori del Bayern a David Letterman. Rio, da questo punto di vista, è stata una miniera d’oro anche di gag. Il sorrisone sparato a 35 km all’ora nella semifinale dei 100 e catturato al volo dell’obiettivo del fotografo; la sfida occhi negli occhi con il delfino canadese Andre De Grasse nella semifinale dei 200, prima di battersi il pugno come due adolescent­i di una gang. L’eterno ragazzino compie 30 anni oggi.

Da qualsiasi punto di vista medaglie d’oro vinte in tre Olimpiadi da Usain Bolt che ha trionfato in 100, 200 e staffetta a Pechino, Londra e Rio lo si osservi, il fenomeno Bolt è di una ricchezza assoluta. Ha corso con generosità tre Olimpiadi, non negandosi mai a nessuno: quante persone, da Pechino a Rio, possono dire di essere tornate a casa con un selfie con il dio di Olimpia? Ha griffato ogni medaglia con un gesto delle mani, una faccia buffa, un bacio alla pista, un passo di danza, una smorfia di felicità. Altro che gli sprinter musoni che si prendevano troppo sul serio. Dice «sono leggenda» ma con leggerezza, la stessa con cui finanzia la comunità di Trelawny, il villaggio dove è cresciuto, o si rialza dopo essere stato investito dal segway del cameraman, come al Mondiale dell’anno scorso. Oplà, tutto a posto, amici come prima.

Solo di gossip è stato avaro, altro punto a suo merito. Mille donne, per un mese o una notte. «Sono fidanzato ma non ti dico chi è» ci aveva confessato a inizio Olimpiade. Eccola, la fortunata, spuntata alla fine dei Giochi. Secondo il Jamaica Star si chiama Kasi Bennett, ha 26 anni, è la fashion blogger più famosa della Giamaica. Lui la chiama «la mia first lady». Lei lo chiama «il mio boss». Mamma Jennifer li sogna sposati, con figli. Una stagione alla meta. Con i Giochi Bolt ha chiuso a Rio; arriva al Mondiale 2017, poi stop. Un’ultima stagione di facce, scenette, smorfie da mettere via per il lungo inverno che ci aspetta.

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