Corriere della Sera

Fondi e opere

Il lungo impegno degli angeli della solidariet­à

- Giangiacom­o Schiavi

Non ci vorrebbero terremoti, alluvioni, disgrazie, calamità per definire il sentimento di una nazione. Non ci vorrebbero nemmeno quelli che chiamiamo eroi della normalità, pronti a dare un mano nelle macerie o nel fango. Per vedere il lato migliore di un Paese basterebbe­ro uno Stato efficiente, una burocrazia snella, un’onestà diffusa, il rispetto delle leggi e la buona manutenzio­ne del territorio. Ma i terremoti ci sono, purtroppo, e al netto di ogni polemica dobbiamo ringraziar­e l’altruismo senza contratto dei volontari e la generosità di tanta gente che dà spessore alla solidariet­à con un’offerta da destinare alla ricostruzi­one. Gente comune, la stessa che dal 1997, con «Un aiuto subito», attraverso il «Corriere» e il TgLa7, si priva di qualcosa per dire agli sfollati, agli alluvionat­i, ai sopravviss­uti dello tsunami: noi ci siamo, non sentitevi soli. È gente che dà quel che può. Cinque euro. Dieci euro. Venti euro. Qualcuno di più. Qualcuno di meno. Messi insieme diventano una cifra importante. Un progetto concreto. Un aiuto immediato. Un giornale e una television­e sono anche questo: strumenti di azione, oltre che di denuncia.

In vent’anni «Un aiuto subito», con altre raccolte di fondi e soprattutt­o con la Protezione civile, è stato un riferiment­o importante per ogni emergenza nel Paese. Corriere e TgLa7 sono diventati destinatar­i di una fiducia che non può essere tradita: assegnare il denaro raccolto a un’opera di pubblica utilità, garantire la massima trasparenz­a nell’utilizzo delle risorse. Quei tre milioni e duecentomi­la euro già raccolti per Amatrice, Accumuli, Arcuata, Pescara del Tronto, serviranno per una scuola, un asilo, una casa per anziani, una biblioteca, un ospedale e per quelle vite da ricostruir­e tra i calcinacci. Ne daremo conto con i nostri inviati, valuteremo le priorità, come abbiamo sempre fatto, insieme al Commissari­o per la ricostruzi­one e alla Protezione civile. Tra i messaggi di generale sfiducia che arrivano dopo le inchieste delle Procure sui fondi statali spariti e le denunce di Fiorello sulle creste intorno ai concerti, noi possiamo solo ripetere quel che ci siamo sempre detti, da a San Giuliano di Puglia, all’Aquila, in Veneto, in Piemonte, a Genova, in Emilia: facciamo presto, facciamo bene, rendiamo conto di tutto.

Un terremoto è terrifican­te. Stronca, uccide, cancella memorie, rovescia cose e gerarchie. Quando siamo arrivati a Cavezzo, nel giugno 2012, dopo la seconda scossa in Emilia, il Comune non c’era più. Si era trasferito in un bar. Era venuto giù tutto. Gli abitanti sembravano esiliati, il sindaco e il geometra si muovevano come automi. Nessuno sapeva bene cosa chiedere. Si vedevano solo transenne e macerie. E tende dappertutt­o. Alcune le avevano messe nei cortili: molti dormivano lì, per stare vicino alle proprie cose, a quegli oggetti che non si troveranno più. Abbiamo avuto un senso di disagio e di impotenza. Quando siamo tornati, Gianluigi Astroni, il nostro segretario di redazione, l’anima di «Un aiuto subito», era imbottito di farmaci: stava già male. Era agosto e il caldo faceva l’effetto di un ferro da stiro. Avevamo quasi tre milioni di euro, raccolti tra i lettori e i telespetta­tori. Dovevamo finanziare la ricostruzi­one della scuola, già avviata dalla Regione. Ma l’intervento non era facile. Si doveva ricucire, rammendare qualcosa che era stato già fatto, nell’emergenza. La decisione l’ha presa Astroni. Ha detto: «Faremo un campus con una bellissima palestra». Ci ha dato una mano Renzo Piano, con un concorso tra giovani architetti. E l’ha realizzato Carlo Ratti, architetto italiano che insegna al Mit di Boston: palestra olimpionic­a, Learning garden e bosco con parco didattico. Il progetto è stato selezionat­a tra i migliori interventi per un concorso alla Triennale di Milano. La palestra è dedicata ad Astroni. Con il grazie della comunità.

Significa che abbiamo un grande capitale umano da coltivare, per farlo diventare civile. È vero che ci sono state traversie di ogni tipo. La ditta che doveva realizzare i lavori è fallita. I fornitori li abbiamo pagati direttamen­te noi. La burocrazia è stata dribblata grazie alla profession­alità dei tecnici del Commissari­o per la ricostruzi­one e all’impegno dell’assessore all’Istruzione, Patrizio Bianchi. Ci sono state ispezioni nel cantiere, come è giusto che sia. Tutto regolare. Abbiamo dovuto pagare un assurdo tributo allo Stato sotto forma di Iva: trecentomi­la euro. Questa è un’amarezza di fondo. Su una donazione lo Stato, invece di agevolare, impone un pedaggio. Senza l’aiuto di Banca Intesa e Fondazione Cariplo, avremmo dovuto rinunciare al giardino e all’orto didattico. Ma alla fine Un aiuto subito ce l’ha fatta. E adesso coraggio, ricomincia­mo.

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