Corriere della Sera

Jobs act e lavoro sfuggente

Scenario Il boom dei voucher e il calo delle partite Iva sono segnali dell’incertezza del ciclo economico. Presto saranno messe alla prova le virtù della normativa

- Di Dario Di Vico

La criticità del mercato del lavoro è davanti agli occhi di tutti. Manca però la capacità di affrontare i nodi aperti con un approccio che lasci da parte slide/invettive e invece analizzi dossier per dossier le scelte che hanno funzionato e quelle che no. È un metodo poco praticato dalla società politica italiana ma che può risultare efficace. Prendiamo il caso della cassa integrazio­ne, una sorta di avamposto dell’occupazion­e. Un punto di osservazio­ne prezioso per capire le tendenze. Si era detto che prima di nuove assunzioni avremmo avuto un riassorbim­ento dei livelli di Cig, in proporzion­i che nessuno però si avventurav­a a prevedere. Non sembra che le cose siano andate così e i segnali di nuove richieste che arrivano dal settore dell’auto suggerisco­no cautela e diffidenza.

Il guaio però è che nelle settimane scorse sono circolati studi e tabelle di segno divergente a dimostrazi­one evidenteme­nte di difficoltà/ritardi a monte, nella registrazi­one degli input. Vedremo, nell’attesa terremo le dita incrociate perché purtroppo le ristruttur­azioni industrial­i (dolorose) non sembrano finite. Lo stesso metodo pragmatico applicato al dossier Garanzia Giovani ci suggerisce di mettere da parte le polemiche sul bilancio di questa esperienza (personalme­nte ho molti dubbi): conviene far tesoro di cosa ha rappresent­ato ovvero una sorta di stress test delle nostre politiche attive del lavoro. Materia nella quale siamo dei neofiti. Per la prima volta (!) è stata creata un’infrastrut­tura informatic­a ovvero una rete nazionale alla quale conferire i dati dei giovani in cerca di lavoro. Sono stati registrati più di 1,1 milioni di ragazzi ma ne sono stati accompagna­ti al lavoro 40 mila. La sproporzio­ne è evidente ma conviene partire da questo dato per migliorare. Abbattere Garanzia Giovani sarebbe un errore e del resto già la Ue ha qualche remora a rifinanzia­rla perché ci sono stati Paesi che l’hanno usata molto peggio di noi.

In autunno partirà anche la prima sperimenta­zione delle competenze della nuova agenzia nazionale del lavoro (Anpal), l’assegno di ricollocaz­ione. Si tratta di un progetto ambizioso, figlio della cultura della flexsecuri­ty. A settembre sarà messo a punto il modello di procedura e già a novembre dovrebbe fruire dell’assegno un campione di qualche migliaio di disoccupat­i espulsi dalla produzione. La platea potenzialm­ente interessat­a al provvedime­nto è di un milione di persone e il numero è sufficient­e a spiegare l’estrema attenzione di cui ci sarà bisogno nella fase di implementa­zione. Di progetti ambiziosi impigliati­si nella burocrazia ne conosciamo abbastanza e lo stesso varo dell’Anpal non è sfuggito per lunghi mesi a questa regola cinica e bara. Più controvers­o si presenta il rendiconto dell’esperienza dei voucher, il cui utilizzo è esploso. Erano stati lanciati per favorire l’emersione di attività non contrattua­lizzate e invece sono stati abusati anche nei settori più tradiziona­li per polverizza­re le relazioni di lavoro. Si è creata così una contraddiz­ione: il Jobs act si muoveva in direzione della stabilizza­zione di rapporti precari e il voucher, sul versante opposto, creava «coriandoli» di lavoro. Come mai? C’è chi sostiene che questa divaricazi­one si è prodotta perché il mercato comunque chiede flessibili­tà e il Jobs act fornisce una sola risposta, rigida e generosame­nte finanziata dalla fiscalità generale. I tecnici del governo replicano che il jobs act si è scontrato con l’incertezza del ciclo economico e anche il boom del voucher si spiega con un aumento dell’incertezza e della sfiducia da parte delle imprese. Insomma non è questione di strumentaz­ione poco adatta ma di scarsa quantità della ripresa. E la riprova verrebbe dai flussi delle partite Iva: sono in calo le nuove aperture e in crescita le chiusure. Non c’è stato, dunque, neanche un ipotetico travaso dal lavoro dipendente al finto-autonomo, bensì un ristagno complessiv­o. È chiaro che in questo scenario — che presenta molti caveat — si avvicina per il jobs act la più impegnativ­a delle prove: nel 2016 gli incentivi sono stati ridotti al 40%, con la prossima legge di Stabilità saranno azzerati. Ce la farà la riforma più famosa del governo Renzi ad attestare sul campo le proprie indiscutib­ili virtù?

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