«Il nuovo modello contrattuale? Prima la vertenza metalmeccanici»
Stirpe (Confindustria): trattiamo partendo dai temi più condivisi
«È una proposta utile per i lavoratori che saranno coinvolti. Ma anche conveniente per il governo, che potrebbe risparmiare fino a due miliardi di euro l’anno rispetto ai 4,6 miliardi che spende oggi per l’indennità di mobilità». E se il governo non la dovesse fare propria? «Ci aspettiamo che ci spieghi i motivi del no e siamo pronti a correggere il tiro. Ma siamo molti ottimisti, è una proposta che ha tutti i numeri per essere convincente». Maurizio Stirpe, vicepresidente di Confindustria, è appena uscito dalla stanza dove sono state fatte le ultime limature al testo firmato con i sindacati.
Nella prima pagina scrivete che l’economia italiana ha un «passo lento», parlate di «deboli aspettative». La ripresa non c’è, allora?
«La ripresa stenta ad arrivare in modo così intenso. Proprio questo ci obbliga a trovare delle soluzioni per i casi più critici, presenti e potenziali. Il vecchio sistema di ammortizzatori sociali sta per sparire, quello nuovo non è ancora pienamente operativo. Dobbiamo garantire una transizione morbida».
Di fatto chiedete una proroga della cassa integrazione.
«Non è una richiesta di proroga generale. Il prolungamento è condizionato ai casi virtuosi: alle aziende dove gli investimenti ci sono già, dove c’è un piano industriale, dove manca solo il tempo per partire davvero. Diamo solo la possibilità di portare a termine questo percorso».
I sindacati avrebbero voluto una proroga generale?
«Hanno scelto la strada della proroga condizionata ai percorsi virtuosi, come dimostra il testo che abbiamo firmato. E questa è l’unica cosa che conta».
L’altro punto fondamentale dell’accordo è il tentativo di ricollocare il lavoratore prima che scadano gli ammortizzatori sociali. Perché?
«Ridursi all’ultimo momento riduce le probabilità di successo. Il vero tema è trovare un nuovo posto di lavoro a chi ha perso quello vecchio. Gli strumenti ci sono, perché dovremmo perdere tempo?».
Ma c’è anche l’offerta conciliativa, un indennizzo per rinunciare al tentativo di ricollocazione. Non c’è il rischio che faccia concorrenza all’Ape, l’anticipo pensionistico allo studio del governo.
«Sono due cose diverse. L’Ape riguarderà soprattutto chi gli ammortizzatori sociali li ha già finiti, non chi è ancora coperto. E poi sia per la mobilità sia per la cassa integrazione le classi d’età più presenti sono lontane dalla pensione».
Perché dite che si risparmierebbero due miliardi?
«Supponiamo che entrino in questo accordo tutti i 50 mila lavoratori che vanno in mobilità ogni anno per poi essere licenziati. Ammettiamo anche che per nessuno venga trovato un nuovo lavoro. Lo Stato dovrebbe pagare per loro due anni di Naspi, con una spesa di 2,6 miliardi. È la stessa spesa che dovrebbe sostenere senza far nulla, aspettando solo il loro licenziamento».
Susanna Camusso dice che è finita l’epoca della disintermediazione, la crisi dei corpi intermedi. Ha ragione?
«Mah. Noi stiamo provando a riscoprire la bontà di un dialogo che abbia come riferimento la crescita della produttività del Paese. Ci concentriamo sugli obiettivi associando agli obiettivi i relativi strumenti. Tutto qua».
Confindustria è favorevole ad abolire il taglio dei contributi sui contratti a tutele crescenti, accelerando rispetto al decalage già previsto?
«Il problema dell’Italia è la produttività. La decontribuzione non accresce la produttività, rende solo più conveniente l’assunzione e spinge il contratto a tutele crescenti».
Quindi siete favorevoli?
«Sì, secondo noi sarebbe meglio spingere la detassazione del salario di produttività. Ampliando la platea dei beneficiari, e quindi alzando la soglia massima di reddito da 50 mila a 70 mila euro».
E sul nuovo modello contrattuale? Durante l’estate tutti pensavano che oggi avreste firmato un accordo su questo punto.
«No, procediamo per gradi. A partire dai temi su cui è più semplice trovare una condivisione. Prima del modello contrattuale sarebbe auspicabile chiudere la vertenza sui metalmeccanici».
Ma l’obiettivo è la prevalenza del contratto aziendale rispetto a quello nazionale?
«Assolutamente sì».
Con i sindacati avete firmato anche un accordo per le zone terremotate.
«Si forse è l’unico accordo che non avremmo mai voluto firmare. Ma anche quello è stato un momento di coesione. Dopo la raccolta dei fondi parleremo delle misure. Ci saranno pochi obiettivi mirati, che possano servire alla crescita e allo sviluppo di quel territorio».
Il vecchio sistema di ammortizzatori sociali sta per sparire, il nuovo non è operativo Serve una transizione morbida