Corriere della Sera

«Il nuovo modello contrattua­le? Prima la vertenza metalmecca­nici»

Stirpe (Confindust­ria): trattiamo partendo dai temi più condivisi

- di Lorenzo Salvia

«È una proposta utile per i lavoratori che saranno coinvolti. Ma anche convenient­e per il governo, che potrebbe risparmiar­e fino a due miliardi di euro l’anno rispetto ai 4,6 miliardi che spende oggi per l’indennità di mobilità». E se il governo non la dovesse fare propria? «Ci aspettiamo che ci spieghi i motivi del no e siamo pronti a correggere il tiro. Ma siamo molti ottimisti, è una proposta che ha tutti i numeri per essere convincent­e». Maurizio Stirpe, vicepresid­ente di Confindust­ria, è appena uscito dalla stanza dove sono state fatte le ultime limature al testo firmato con i sindacati.

Nella prima pagina scrivete che l’economia italiana ha un «passo lento», parlate di «deboli aspettativ­e». La ripresa non c’è, allora?

«La ripresa stenta ad arrivare in modo così intenso. Proprio questo ci obbliga a trovare delle soluzioni per i casi più critici, presenti e potenziali. Il vecchio sistema di ammortizza­tori sociali sta per sparire, quello nuovo non è ancora pienamente operativo. Dobbiamo garantire una transizion­e morbida».

Di fatto chiedete una proroga della cassa integrazio­ne.

«Non è una richiesta di proroga generale. Il prolungame­nto è condiziona­to ai casi virtuosi: alle aziende dove gli investimen­ti ci sono già, dove c’è un piano industrial­e, dove manca solo il tempo per partire davvero. Diamo solo la possibilit­à di portare a termine questo percorso».

I sindacati avrebbero voluto una proroga generale?

«Hanno scelto la strada della proroga condiziona­ta ai percorsi virtuosi, come dimostra il testo che abbiamo firmato. E questa è l’unica cosa che conta».

L’altro punto fondamenta­le dell’accordo è il tentativo di ricollocar­e il lavoratore prima che scadano gli ammortizza­tori sociali. Perché?

«Ridursi all’ultimo momento riduce le probabilit­à di successo. Il vero tema è trovare un nuovo posto di lavoro a chi ha perso quello vecchio. Gli strumenti ci sono, perché dovremmo perdere tempo?».

Ma c’è anche l’offerta conciliati­va, un indennizzo per rinunciare al tentativo di ricollocaz­ione. Non c’è il rischio che faccia concorrenz­a all’Ape, l’anticipo pensionist­ico allo studio del governo.

«Sono due cose diverse. L’Ape riguarderà soprattutt­o chi gli ammortizza­tori sociali li ha già finiti, non chi è ancora coperto. E poi sia per la mobilità sia per la cassa integrazio­ne le classi d’età più presenti sono lontane dalla pensione».

Perché dite che si risparmier­ebbero due miliardi?

«Supponiamo che entrino in questo accordo tutti i 50 mila lavoratori che vanno in mobilità ogni anno per poi essere licenziati. Ammettiamo anche che per nessuno venga trovato un nuovo lavoro. Lo Stato dovrebbe pagare per loro due anni di Naspi, con una spesa di 2,6 miliardi. È la stessa spesa che dovrebbe sostenere senza far nulla, aspettando solo il loro licenziame­nto».

Susanna Camusso dice che è finita l’epoca della disinterme­diazione, la crisi dei corpi intermedi. Ha ragione?

«Mah. Noi stiamo provando a riscoprire la bontà di un dialogo che abbia come riferiment­o la crescita della produttivi­tà del Paese. Ci concentria­mo sugli obiettivi associando agli obiettivi i relativi strumenti. Tutto qua».

Confindust­ria è favorevole ad abolire il taglio dei contributi sui contratti a tutele crescenti, accelerand­o rispetto al decalage già previsto?

«Il problema dell’Italia è la produttivi­tà. La decontribu­zione non accresce la produttivi­tà, rende solo più convenient­e l’assunzione e spinge il contratto a tutele crescenti».

Quindi siete favorevoli?

«Sì, secondo noi sarebbe meglio spingere la detassazio­ne del salario di produttivi­tà. Ampliando la platea dei beneficiar­i, e quindi alzando la soglia massima di reddito da 50 mila a 70 mila euro».

E sul nuovo modello contrattua­le? Durante l’estate tutti pensavano che oggi avreste firmato un accordo su questo punto.

«No, procediamo per gradi. A partire dai temi su cui è più semplice trovare una condivisio­ne. Prima del modello contrattua­le sarebbe auspicabil­e chiudere la vertenza sui metalmecca­nici».

Ma l’obiettivo è la prevalenza del contratto aziendale rispetto a quello nazionale?

«Assolutame­nte sì».

Con i sindacati avete firmato anche un accordo per le zone terremotat­e.

«Si forse è l’unico accordo che non avremmo mai voluto firmare. Ma anche quello è stato un momento di coesione. Dopo la raccolta dei fondi parleremo delle misure. Ci saranno pochi obiettivi mirati, che possano servire alla crescita e allo sviluppo di quel territorio».

Il vecchio sistema di ammortizza­tori sociali sta per sparire, il nuovo non è operativo Serve una transizion­e morbida

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