Corriere della Sera

Renzi: l’Olimpiade? Decide Roma Se dice no in futuro un’altra città

«Errore rinunciare». E sul referendum: D’Alema e il leader di FI contrari, il loro è amore

- Maria Teresa Meli

Matteo Renzi non avrebbe «alcun dubbio». Se la scelta toccasse a lui andrebbe avanti spedito sulla candidatur­a di Roma alle Olimpiadi del 2024. Dire di no «sarebbe un errore», spiega il premier intervista­to dall’emittente radiofonic­a Rtl 102,5.

Ma la decisione spetta a Virginia Raggi e il governo non metterà in pratica la soluzione di forza ipotizzata da Giovanni Malagò come «extrema ratio»: decretare l’interesse strategico dell’evento e nominare un commissari­o «ad acta» con pieni poteri per andare avanti nonostante l’eventuale no della sindaca.

Niente di tutto ciò: «Noi siamo in testa in questo momento — spiega il presidente del Consiglio alla radio — e dire di no alle Olimpiadi sarebbe un atto molto triste. Perciò spero che la Raggi prosegua sulla linea che abbiamo già deciso a livello istituzion­ale, ma se dirà di no ne prenderemo atto. Scelgano i Cinque stelle cosa fare, tocca a loro. Non farò atti lesivi dell’autonomia di Roma o di altre città».

Insomma, spetta a Virginia Raggi «l’onere» di decidere che la Capitale è «fuori» dalla corsa alle Olimpiadi del 2024. Renzi preferisce starne fuori. Anche perché il premier sa bene che la candidatur­a di Roma è l’ennesimo elemento di divisione nel mondo grillino e non ha nessuna voglia di cavare le castagne dal fuoco alla sindaca e al «Movimento 5 stelle». Per giunta, su un tema così delicato che vede gli stessi romani divisi e una parte del Pd, capeggiata da Pier Luigi Bersani, che appoggia le perplessit­à di Raggi.

Questo, ovviamente, non significa che il presidente del Consiglio abbia cambiato idea. Niente affatto: per lui le Olimpiadi continuano a rappresent­are «una grande opportunit­à» per la Capitale e per l’Italia, e infatti non esclude la candidatur­a di un’altra città (Firenze? Milano?) per un evento futuro, ma forzare la mano alla giunta pentastell­ata non gli conviene. Tanto più che i grillini ora, a Roma, sono in grandi difficoltà, tra dimissioni e litigi. Ovviamente, in pubblico il premier preferisce non dire niente sull’argomento: «Rispetto il lavoro del sindaco di Roma. Ha vinto lei, e quindi a lei onori e oneri. Grande rispetto per la scelta degli elettori. Non metto bocca sulla questione della squadra della Raggi».

Con i fedelissim­i, però, Renzi non nasconde le perplessit­à su questo avvio della giunta: per fortuna che dovevano rappresent­are il cambiament­o, ora vedremo che cosa sanno fare, l’importante è che non ne facciano le spese i romani, è il succo del suo ragionamen­to.

Renzi, alla radio, si è mostrato molto più «ciarliero» nell’affrontare altri argomenti. Ha confermato il bonus degli 80 euro, il taglio fiscale «dell’Ires al 24 per cento per le società di capitale e dell’Iri per le

Esclusa l’idea di un commissari­o ad acta Il leader pd: scelgano i Cinque Stelle cosa fare

società di persone», e ha annunciato che l’anno prossimo il canone Rai sarà abbassato. Insomma, ha spiegato Matteo Renzi, per rimettere in moto il Paese «conosco una sola regola: abbassare le tasse». L’inquilino di palazzo Chigi si è poi mostrato ottimista sul Pil: «Penso che ci sarà un segno positivo».

Quindi il premier ha rilanciato sul referendum . «Chi mi conosce sa che cosa farò», ha risposto quando gli è stato domandato se si dimetterà in caso di sconfitta.

Come a dire che le dimissioni sono scontate, ma Renzi non pronuncia quella parola perché vuole evitare le personaliz­zazioni: «Qui è in gioco il futuro del Paese, non il mio». Dopodiché una frecciata all’indirizzo di Massimo D’Alema: «Forse lui e Berlusconi immaginano di rifare la Bicamerale, sono trent’anni che ne parlano. Quella tra D’Alema e Berlusconi è la storia di un grande amore, che va rispettata... Se qualcuno vuole rimetterli in pista, allora voti “No”».

Non poteva mancare, in questa lunga conversazi­one radiofonic­a, un accenno al terremoto. Renzi ha difeso la nomina di Errani e ha sottolinea­to che «i soldi ci sono». Ma se ne servono degli altri (com’è scontato) il premier non si tirerà indietro: «L’ho già detto alla Merkel quei soldi che ci servono li prendiamo perché sulla tutela della scuola dei miei figli non guardo in faccia a nessuno».

Noi siamo in testa tra i candidati in questo momento e rinunciare sarebbe un atto molto triste Per rimettere in moto il Paese si abbassano le tasse Il Pil sarà di segno positivo La scelta

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