Il fuggitivo Cutrì all’uomo che lo arrestò: «Grazie, le voglio bene»
Le lettere dal carcere di Opera, nel 2014 la super evasione «Se non fosse stato per lei avrei passato la vita in cella»
La busta bianca ha due francobolli e sul retro un mittente scritto a mano: Mimmo Cutrì, via Camporgnago, 40. L’indirizzo è quello del supercarcere di Opera (Milano) dove Domenico Cutrì, 34 anni, è rinchiuso dal febbraio 2014 dopo l’evasione da film davanti al Tribunale di Gallarate e l’arresto nel covo di Cuggiono, tra le provincie di Milano e Novara. La lettera è destinata al maggiore dei carabinieri Massimiliano Corsano, e ha per indirizzo quello del nuovo ufficio al Nucleo operativo ecologico di via Pusiano a Milano. Corsano, 38 anni, è originario di Ruffano, in provincia di Lecce. Nei giorni della caccia, guidava i carabinieri del Nucleo investigativo di Varese.
«Caro maggiore, innanzitutto spero stia bene e in salute come la ricordo io...». Quattro pagine strappate da un quadernone a quadretti, scritte a penna blu in una grafia scolastica e ordinata. Non è una lettera di minacce, e neppure l’ennesimo tentativo di discolpa. Piuttosto un ringraziamento, al maggiore dei carabinieri e alla sua squadra, per il trattamento ricevuto. A distanza di due anni e mezzo dal blitz dei Gis nel covo di via Villoresi, dove dormiva in un appartamento senza acqua né luce ma con una pistola carica di fianco al materasso, il detenuto Cutrì racconta non solo il suo cambiamento ma come, quell’arresto, abbia invertito la strada della sua vita.
Quanto abbiano pesato i mesi trascorsi in isolamento e la detenzione in condizioni di alta sicurezza è facile comprenderlo, e non succede di rado che in carcere i reclusi sviluppino un rapporto quasi ossessivo verso gli inquirenti. Non era uno stinco di santo e non lo è ora. Ma davvero l’incontro con il maggiore Corsano e il pm di Busto Arsizio Raffaella Zappatini, in qualche modo gli ha cambiato la vita.
Cutrì era in carcere con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio avvenuto nel 2006 a Trecate (Novara) del polacco Lucasz Kobrzeniecki, colpevole d’aver importunato la sua fidanzata. «So che sono sulla strada giusta, non devo mollare. Su questo c’è il vostro zampino» Per quel delitto era stato condannato in appello all’ergastolo. Poi, dopo l’arresto per l’evasione, la Cassazione aveva rinviato ad un nuovo giudizio. La ragione era tutta nelle confessioni fatte davanti a Corsano e al magistrato Zappatini dopo la cattura. «Avevo sempre negato. Mi era stato consigliato così. Ma l’ho ucciso io, ho sparato». A gennaio il nuovo verdetto: niente carcere a vita ma una pena a 26 anni, altri due per l’evasione.
«Caro Massimiliano, oggi sono ancora più convinto che se non fosse stato per voi non avrei aggiustato il processo per Insieme Mimmo Cutrì (a sinistra) con il fratello Nino, morto durante la sua evasione nel 2014