LA PROFEZIA DI CALVINO CHE SUL CASO APPLE NON PUÒ FUNZIONARE
Scriveva Italo Calvino nel 1985 in quell’opera che sarebbe stata pubblicata postuma con il titolo Lezioni americane: «È vero che il software non potrebbe esercitare i poteri della sua leggerezza se non mediante la pesantezza del hardware; ma è il software che comanda, che agisce sul mondo esterno e sulle macchine». È questa profezia di Calvino la piattaforma ideologica con cui Apple oggi giustifica la sua politica fiscale creativa: gli iPhone, come si legge dietro di essi, sono progettati in California e assemblati in qualche fabbrica di Shenzhen, in Cina. In altre parole con il mantra del «designed in California» si vuole sancire che il valore è tutto nei diritti intellettuali intangibili e nel software, non nell’hardware. Ora il double irish, il sistema contabile sotto accusa da parte di Bruxelles, si basa su questo: il primato dell’intangibile. Grazie a questo presunto rapporto gerarchico la prima società trasferisce quasi tutto il fatturato nella seconda società irlandese (da qui il nome double) che riceve il denaro come pagamento per «i diritti di proprietà» per poi inviarli offshore, nei paradisi fiscali. Non dunque in California come vorrebbe la logica del valore della progettazione. D’altra parte non è un caso: Washington, che contesta la decisione di Bruxelles di considerare inaccettabile lo 0,005 per cento sugli utili, chiede il 35% con la cosiddetta corporate tax, motivo per cui Apple tiene 180 miliardi fuori dagli Usa (stime Citizens for tax Justice). Dunque, l’iPhone è «disegnato in California», assemblato in Cina, venduto ovunque ma tassato da nessuna parte. Una lezione «americana» della Apple che nemmeno l’America accetta. Il liberismo Usa si basa su quanto ripeteva il presidente Reagan, che di sicuro non può essere accusato di socialismo: a due cose non si può fuggire, la morte e le tasse.