I leoni d’Istria
Boschi, rocche e castelli: la bella porta dei Balcani
Il simbolo di San Marco è ovunque perché la Repubblica di Venezia qui ha dominato per 5 secoli ed è stata costruita con la sua roccia Colline, città e abissi per un weekend di fine estate
Quando lasci le spiagge lunghe e sabbiose dell’Alto Adriatico, e da Duino percorri, alzandoti sul mare, la costiera triestina, senti nell’aria che qualcosa sta cambiando. Perché subito alle spalle di Trieste, in Slovenia, stai entrando nei Balcani dalla porta italiana.
Il passaggio da un lato è brusco (coste rocciose e frastagliate, fitti boschi, una lingua che non ti appartiene) ma dall’altro è ampiamente addolcito perché ad accoglierti per prima è una penisola, l’Istria, poco slovena e per lo più croata, che di italiano conserva ancora tanto. Dall’impronta dell’antica Roma, che emerge potente nell’anfiteatro di Pola, alla venezianità dei centri storici affacciati sul mare, quando erano i dogi a comandare, alla lingua italiana che in tanti ancora parlano e amano parlare. Non solo da chi qui ha radici profonde, bisnonni, nonni e padri, nati e vissuti quando questo era suolo italiano, tra le due guerre mondiali, ma anche parlata da chi, specie nei negozi e ristoranti della costa, pur di lingua slava, non ha dubbi nel proporsi in italiano.
L’Istria è la meta ideale per le vacanze di fine estate, anche per un weekend lungo, sfoltite le orde di turisti che da tutta l’Europa approdano nella penisola per farsi inebriare dai profumi delle lavande e dei ginepri, dagli aromi della flora illirica, apprezzandone i vini (il terrano, la malvasia, i moscati) e l’olio, che entra nelle cucine dei locali del posto, dalle trattorie agli agriturismo, fino ai ristoranti stellati della gastronomia istriana.
La «sentinella dell’Istria» è Buie (Buje), che si è guadagnata questo appellativo per il suo centro storico abbellito da un castello medievale sul pendio ripido di Momjan (Momiano), da cui si gode una delle viste più belle sull’Istria verde. E dove alla Bujska Pivovara San Servolo si beve la migliore birra croata. Bisogna andare all’interno per la rupe carsica su cui sorge Motovun (Montona), una cittadina antica circondata dalle mura medievali in cima a una collina inclinata (277 m sul livello del mare), che si innalza sopra la valle del fiume Mirna, accerchiata dai vigneti e dalle boscaglie generose di tartufi anche d’estate (un indirizzo per acquistarli, bianchi e neri, è Miro Tartufi, via Kanal 27, e un ristorante per assaggiarli è Knoba Mondo, via Barbican 1). Vale la pena dedicare mezzora a una passeggiata mattutina sulle mura trecentesche, con vista meravigliosa sulle valli che circondano la bellissima città.
Andando ancora più all’interno della penisola ecco Dragu (Draguccio). È un minuscolo borgo, 67 anime, arrampicato su uno sperone roccioso. Un gioiello con un viale lastricato, un’armoniosa piazzetta e quattro luoghi di culto. Ma per vedere una delle fortezze meglio conservate di tutta l’Istria bisogna andare a Pazin (Pisino), al castello di Montecuccoli, nel centro della penisola, punto panoramico per eccellenza, capoluogo amministrativo della Regione Istriana. L’abisso che si apre ai piedi del castello, e che inghiotte il torrente Foiba,
ispirò Giulio Verne per il suo «Mathias Sandorf» dove il protagonista, un prigioniero del castello realmente esistito, evade proprio calandosi nel fiume e raggiungendo l’Adriatico.
Tornando sulla costa ecco Pore (Parenzo), cittadina dalla grande storia, per cinque secoli sotto la Repubblica di Venezia, protesa verso il mare come la prua di una nave, con uno straordinario patrimonio artistico, dal castrum romano al decumanus, alla Basilica Eufrasiana, il complesso paleocristiano meglio conservato al mondo, gioiello del VI secolo, incluso nel patrimonio mondiale dell’Unesco.
Ma Parenzo è anche la capitale del turismo croato, con 40 km di costa dotati di infrastrutture turistiche, compreso il più grande campeggio marino-nudista-naturista d’Europa nei pressi della frazione di Vrsar-Orsera, che può ospitare fino a 10 mila persone. Proprio la zona di Orsera (insieme a Rovigno) fu la maggior fornitrice di pietra d’Istria alla Serenissima, la roccia calcarea compatta, originariamente bianca, ampiamente utilizzata nelle strutture e rivestimenti di pavimenti, ponti, canali, case, chiese e palazzi di Venezia. Il leone di S. Marco orna anche l’arco dei Balbi, antica porta della città di Rovigno: incantevole, strette viuzze, minuscoli passaggi, ristorantini deliziosi. Come La Puntulina, dove l’aperitivo viene servito sugli scogli, per poi cenare ai tavoli a picco sul mare di fronte all’isola di Santa Caterina. O il Wine Vault dove i piatti sono condizionati dalla scelta dei vini che spaziano tra 550 etichette del «gotha» vinicolo mondiale.
Abbandonata Rovigno si punta su Pola, lasciando a sinistra le 14 isole che formano l’ incantevole arcipelago di Brioni, parco nazionale, che il maresciallo Tito, dal 1947 al 1979 elesse a suo dimora estiva. Oggi si possono visitare in giornata solo con escursioni guidate (battelli da Fasana, la traversata dura 15 minuti). Siamo ormai prossimi alla punta dell’Istria.
A Pola l’attenzione è tutta calamitata sull’Arena, l’anfiteatro romano costruito sotto l’imperatore Augusto, tra il 2 a.C. ed il 14 d.C, e ampliato in seguito dall’imperatore Vespasiano, che aveva commissionato il Colosseo a Roma, è il sesto anfiteatro del mondo per grandezza e ben fa capire quanto contasse Pola in quell’impero. Se poi volete togliervi l’ultimo sfizio «La Batelina», 7 km da Pola, è il ristorante più cool di tutta l’Istria, tra i 100 migliori al mondo, secondo Newsweek, una grande cucina di mare.