La nuova Sony di Kazuo tra realtà virtuale e recupero delle tradizioni
Il giapponese Hirai guida la società dal 2012 Dall’Ifa di Berlino racconta le sue prossime mosse
«Kandou». Una parola giapponese che significa qualcosa come «coinvolgere emotivamente». È il termine chiave che Kazuo Hirai ha scelto nel 2012 quando ha assunto la guida di un malato della tecnologia, quella Sony che dominò gli ultimi decenni del XX° secolo ma che all’inizio del XXI° si era ritrovata all’angolo.
«Kaz», come lo chiamano gli amici, non è il tipico leader giapponese. Non per la figura, magra e dinoccolata. Soprattutto non per formazione. Cresciuto a cavallo delle due sponde del Pacifico, in comune con Steve Jobs ha la passione per le arti. Per la prima volta l’anno scorso Sony ha rivisto l’utile dopo anni di rosso. «È come un malato che si è alzato dal letto di morte» ha scritto il settimanale Time.
Hirai nel corso di un incontro con la stampa all’Ifa, la fiera dell’elettronica di consumo che apre oggi a Berlino, è tornato a parlarci di «kandou» ma ha aggiunto più volte il concetto di «the last one inch». L’ultimo pollice, il pezzettino mancante: trasformare ogni oggetto elettronico in qualcosa che ha un impatto, piccolo ma significativo, nel migliorare le nostre vite. Durante il colloquio, il numero uno di Sony ha richiamato termini che odorano di fantascienza come robot, intelligenza artificiale e VR ovvero «realtà virtuale». Quest’ultimo può diventare un settore chiave per la nuova Sony di Hirai.
Il 7 settembre debutterà la Playstation 4 Neo, un nuovo modello, più potente, della console da gioco, pensata anche per la realtà virtuale, che arriverà con l’accessorio Playstation VR. Hirai non sembra avere le stesse idee di Zuckerberg, alleato con Samsung e più orientato a un uso sociale della VR: «Non so quale siano le idee di Mark — ci risponde — ma so che se la realtà virtuale sarà realizzata bene aprirà un mercato enorme.
Dall’industria, alla medicina in remoto, al turismo. Un’azienda come Sony, che produce contenuti e vende dispositivi per farlo, potrebbe ricavare enormi benefici». Poi torna al 2016: «Ora partiamo con i videogame perché abbiamo il controllo dei dispositivi e dei contenuti. Possiamo fare in modo che il debutto sia il migliore possibile. Evitando che la gente abbia il mal di mare quando usa i visori, ad esempio».
Quando parla di quel che verrà, il manager giapponese è convinto che «ci sia ancora molta innovazione possibile anche nei campi più tradizionali dell’elettronica». L’audio, ad esempio: a Berlino Sony ha presentato la sua linea Signature, in cui spicca una riedizione del Walkman. È digitale e non certo più a cassette, ma con tutte le tecnologie possibili per ascoltare musica in modo assolutamente perfetto (e solo per chi ha un conto di banca con molti zeri: c’è persino una versione in rame placcata oro). «Sappiamo che è riservato a una nicchia, ma è una risposta a chi dice che nell’audio non c’è più nulla da inventare. L’obiettivo è alzare
l’asticella tecnologica e mostrare cosa possiamo fare. Nello stesso tempo guardiamo alla nostra tradizione e mandiamo un messaggio ai nostri fan».
Non tutto però è silicio, metallo e microprocessori. Quando gli viene chiesto di commentare l’ascesa dei marchi cinesi, Hirai ricorda l’importanza di quello che chiama «valore emozionale»: «Chi compra guarda le caratteristiche e il prezzo. Ma c’è di più. Altrimenti perché si venderebbero orologi meccanici da decine di migliaia di euro che fanno le stesse cose di un modello al quarzo da 50 euro. C’è una combinazione di design, tecnologia e legami emozionali. È a quello che guardo».
Il futuro però potrebbe portare molto di più. Così Hirai insegue l’innovazione attraverso il Future Lab, un centro ricerca che ha mostrato a Ifa alcuni prototipi, come una sorta di cuffia che fa da assistente digitale personale, registrando l’ambiente circostante con sensori e rispondendo ai desideri del proprietario. «I grossi passi avanti - spiega l’ad di Sony - penso arriveranno dalla combinazione di robotica e intelligenza artificiale. Oltre 10 anni fa avevamo il nostro robot umanoide Qrio. Abbiamo accumulato molta esperienza in ambiti come robotica, meccatronica e ‘Artificial Intelligence’. Stiamo ragionando su
come metterle insieme». Con qualche cautela: «Se credo che l’intelligenza artificiale sia un potenziale pericolo per l’umanità? In parte sì, se pensate ad applicazioni nel campo della salute per esempio».
Nella tecnologia di domani c’è anche la volontà di provare a intercettare il prossimo cambio di scenario: «Quando si è passati dai telefonini agli smartphone, le vecchie aziende leader sono state soppiantate. Può succedere di nuovo quando andremo oltre gli smartphone. Per questo ragioniamo su tecnologie differenti. Come gli auricolari Xperia Ea che rispondono ai comandi vocali eseguendo operazioni intuitive e fornendo aiuto tramite la voce, in modo naturale. Vogliamo essere pronti quando il cambiamento arriverà».