«Le misure per le imprese in Africa»
Una chiave per l’ingresso nel Mediterraneo, l’Africa del Nord e Subsahariana. Sfruttando la posizione e soprattutto il suo unico patrimonio di relazioni politiche, economiche e culturali, l’Italia si candida a divenire il porto di accesso delle imprese di tutto il mondo, soprattutto dell’Estremo Oriente, verso l’Africa. Un po’ come fece l’Olanda una quarantina d’anni fa, riuscendo a canalizzare la gran parte dei nuovi investimenti delle imprese americane nel Vecchio continente. L’idea, lanciata tempo fa dal tributarista Stefano Simontacchi, partner dello Studio Bonelle Erede, e docente all’università di Leida, in Olanda, è stata rilanciata ieri al Forum Ambrosetti di Cernobbio e fatta propria dal premier, Matteo Renzi. Che si è detto pronto a varare un pacchetto di misure per favorire le imprese che vogliono accedere al mercato africano. Il piano contemplerebbe interventi di carattere fiscale, destinati a creare un ambiente favorevole allo stabilimento delle holding, cioè delle società capogruppo, ma anche semplificazioni amministrative, come i visti, e non solo, per i loro manager. Il progetto ha già un nome provvisorio, «African Act», e potrebbe vedere la luce in tempi brevi. Sfruttando anche difficoltà e limiti delle imprese che vogliono entrare in quel mercato. Il 90% degli investimenti cinesi nel continente, ad esempio, passa dalle Mauritius esclusivamente per i vantaggi fiscali. Non si potrà competere su quel campo, ma un piede in Italia, oltre che una proiezione verso l’Africa, è anche un piede in Europa.