Corriere della Sera

Di Maio e il Movimento al bivio: se falliamo a Roma fallisce tutto

Per il vicepresid­ente della Camera ci sono stati «errori oggettivi», gli slogan non bastano

- Francesco Verderami

mostrando proprio a Roma quali effetti perversi possa provocare l’assenza di competenza.

Semmai i Cinquestel­le hanno scoperto in gioventù il correntism­o, che cercano goffamente di spacciare per discussion­e interna e che invece non riescono a gestire né a dissimular­e, offrendo uno spettacolo di faide intestine così feroci da disorienta­re persino la base fidelizzat­a su internet. Lo scontro è anche uno strumento per regolare i conti nelle gerarchie interne, perciò la tesi di Di Maio secondo cui Roma è il bivio per M5s sembra un messaggio, un modo per far capire che l’eventuale fallimento della Raggi in Campidogli­o non potrebbe essere addebitato solo a qualcuno, perché travolgere­bbe tutti. L’appello a una assunzione collettiva di responsabi­lità sta in quel «a Roma ci rialzeremo» che rappresent­a al tempo stesso un’autocritic­a rispetto agli “errori oggettivi” che sono stati commessi.

Ecco l’incrocio ed ecco qual è la strada che indica Di Maio, consapevol­e che la crisi della giunta capitolina ha evidenziat­o il nodo politico su cui si sta dividendo il Movimento. E non basta che Grillo trasformi il suo blog in una nuova Pravda, occultando quanto sta accadendo in Campidogli­o. Il tema che solleva il vice presidente della Camera è dirimente rispetto alla prospettiv­a dei Cinquestel­le, e porta alla contrappos­izione tra l’area radicale e quella governista. Per quanto impropria possa essere la definizion­e, non c’è dubbio che Di Maio interpreti da tempo una linea più istituzion­ale e che l’immagine di un direttorio unito sia ormai una falsa rappresent­azione.

C’è una considerev­ole ed evidente differenza tra il tour nelle piazze organizzat­o questa estate in moto da Alessandro Di Battista e il giro che in autunno si appresta a fare Di Maio nelle sedi delle organizzaz­ioni di categoria e del mondo delle imprese e del lavoro. Perché arringare la base serve a consolidar­e l’appartenen­za ma raccontars­i a quella parte d’Italia che è scettica verso il Movimento serve a conquistar­e i voti per palazzo Chigi. È da vedere se Cinquestel­le sapranno trovare una sintesi al loro interno, ma i contrasti sono tali da lasciare forti dubbi: oggi l’area radicale — che inneggia al «facciamo da noi» — vuole sconfigger­e attraverso la crisi romana l’area governista, secondo cui «servono anche competenze ed esperienze che vanno oltre» il recinto dei Cinquestel­le.

Gesti e linguaggi confliggon­o, si propagano oltre i temi di politica interna, e rischiano di incrinare i rapporti necessari nelle relazioni se non nell’accreditam­ento con le Cancelleri­e internazio­nali. A parte le ambiguità su Europa ed euro, cosa potrà dire in ottobre Di Maio ai suoi interlocut­ori istituzion­ali americani, durante il viaggio in programma negli Stati Uniti, se in commission­e Esteri alla Camera andrà avanti il dibattito sulla mozione presentata dal gruppo Cinquestel­le, con cui si chiede l’uscita

L’occasione

L’esponente di M5S è sicuro che sia meglio ora perché può essere il modo per maturare

dell’Italia dalla Nato?

Lo scontro a Roma è dunque solo un aspetto, il più lacerante certo, di una crisi che porta il Movimento al bivio. E c’è un motivo se la «variabile grillina» è tenuta sotto stretta osservazio­ne da parte di Renzi come del centrodest­ra, perché se la forza che oggi viene data vincente in ogni ballottagg­io dovesse avvitarsi, allora cambierebb­e la geografia politica nazionale. Per questo non è in gioco solo una giunta.

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