Di Maio e il Movimento al bivio: se falliamo a Roma fallisce tutto
Per il vicepresidente della Camera ci sono stati «errori oggettivi», gli slogan non bastano
mostrando proprio a Roma quali effetti perversi possa provocare l’assenza di competenza.
Semmai i Cinquestelle hanno scoperto in gioventù il correntismo, che cercano goffamente di spacciare per discussione interna e che invece non riescono a gestire né a dissimulare, offrendo uno spettacolo di faide intestine così feroci da disorientare persino la base fidelizzata su internet. Lo scontro è anche uno strumento per regolare i conti nelle gerarchie interne, perciò la tesi di Di Maio secondo cui Roma è il bivio per M5s sembra un messaggio, un modo per far capire che l’eventuale fallimento della Raggi in Campidoglio non potrebbe essere addebitato solo a qualcuno, perché travolgerebbe tutti. L’appello a una assunzione collettiva di responsabilità sta in quel «a Roma ci rialzeremo» che rappresenta al tempo stesso un’autocritica rispetto agli “errori oggettivi” che sono stati commessi.
Ecco l’incrocio ed ecco qual è la strada che indica Di Maio, consapevole che la crisi della giunta capitolina ha evidenziato il nodo politico su cui si sta dividendo il Movimento. E non basta che Grillo trasformi il suo blog in una nuova Pravda, occultando quanto sta accadendo in Campidoglio. Il tema che solleva il vice presidente della Camera è dirimente rispetto alla prospettiva dei Cinquestelle, e porta alla contrapposizione tra l’area radicale e quella governista. Per quanto impropria possa essere la definizione, non c’è dubbio che Di Maio interpreti da tempo una linea più istituzionale e che l’immagine di un direttorio unito sia ormai una falsa rappresentazione.
C’è una considerevole ed evidente differenza tra il tour nelle piazze organizzato questa estate in moto da Alessandro Di Battista e il giro che in autunno si appresta a fare Di Maio nelle sedi delle organizzazioni di categoria e del mondo delle imprese e del lavoro. Perché arringare la base serve a consolidare l’appartenenza ma raccontarsi a quella parte d’Italia che è scettica verso il Movimento serve a conquistare i voti per palazzo Chigi. È da vedere se Cinquestelle sapranno trovare una sintesi al loro interno, ma i contrasti sono tali da lasciare forti dubbi: oggi l’area radicale — che inneggia al «facciamo da noi» — vuole sconfiggere attraverso la crisi romana l’area governista, secondo cui «servono anche competenze ed esperienze che vanno oltre» il recinto dei Cinquestelle.
Gesti e linguaggi confliggono, si propagano oltre i temi di politica interna, e rischiano di incrinare i rapporti necessari nelle relazioni se non nell’accreditamento con le Cancellerie internazionali. A parte le ambiguità su Europa ed euro, cosa potrà dire in ottobre Di Maio ai suoi interlocutori istituzionali americani, durante il viaggio in programma negli Stati Uniti, se in commissione Esteri alla Camera andrà avanti il dibattito sulla mozione presentata dal gruppo Cinquestelle, con cui si chiede l’uscita
L’occasione
L’esponente di M5S è sicuro che sia meglio ora perché può essere il modo per maturare
dell’Italia dalla Nato?
Lo scontro a Roma è dunque solo un aspetto, il più lacerante certo, di una crisi che porta il Movimento al bivio. E c’è un motivo se la «variabile grillina» è tenuta sotto stretta osservazione da parte di Renzi come del centrodestra, perché se la forza che oggi viene data vincente in ogni ballottaggio dovesse avvitarsi, allora cambierebbe la geografia politica nazionale. Per questo non è in gioco solo una giunta.