AZZARDO E OPPORTUNITÀ NELLA NOMINA DI ERRANI
È meglio per tutti se il Pd chiarisce che non si tratta di una mossa interna agli equilibri del partito: l’unità del Paese è fondamentale per la ricostruzione
La si giri come si vuole, c’è un forte senso di azzardo nella scelta di mandare Vasco Errani sul cratere del terremoto del 24 agosto. E il primo a saperlo, da politico navigato qual è, immaginiamo sia proprio il commissario alla ricostruzione nominato da Matteo Renzi e ormai all’opera in zona già da un paio di giorni. Infatti la prima sfida tutta in salita per lui sta proprio qui: nella necessità di costruire di sé una narrazione non politica, quasi tecnica, certo super partes («da oggi non sono un uomo del Pd ma delle istituzioni»), essendo cresciuto sin da ragazzo nelle sezioni emiliane del Partito comunista ed essendo peraltro stimato, anche da molti avversari, proprio nella sua qualità di politico. È come se un bravo centravanti, nell’intervallo di un incontro di calcio, decidesse di infilarsi la casacca dell’arbitro, garantendo tuttavia sulla parola piena imparzialità.
Naturalmente non è lecito dubitare della parola di Errani, sino a prova contraria. Ma poiché, come lui stesso fa notare, di fronte a un sisma il nodo preliminare è la credibilità di chi opera, andrebbe sgomberato il campo anche da un dubbio fastidioso: che la nomina di un eminente bersaniano, quale lui è da sempre, serva a Renzi nelle alchimie interne del Partito democratico, per trattare con la minoranza, magari in vista del referendum istituzionale. È un dubbio che ci crea disagio, lo ammettiamo, poiché sottintenderebbe un commercio politico sulle macerie; eppure, in questo Paese avvelenato, pare attraversare la mente di parecchi italiani. Il tempo e il dibattito nel Pd ci chiariranno le idee. Intanto, anche in questo caso, vogliamo credere ad Errani sulla parola: «Non avrei mai accettato una nomina per logiche interne al partito».
Però ne discende un dubbio successivo: perché, allora, è stato scelto proprio lui? Capiamoci: non è in discussione la qualità della persona. Ma è plausibile chiedersi se una figura tutta tecnica non sarebbe servita, di più e meglio, a tenere uniti gli italiani attorno a un compito così delicato. La risposta è: Errani era già stato commissario, quattro anni fa, sul terremoto dell’Emilia. Ha dunque esperienza specifica, e tecnica. Vero. È anche vero, però, che il sisma emiliano ha avuto peculiarità del tutto diverse, per ragioni geografiche, economiche e persino culturali, da quello dell’Aquila del 2009 o da questo; e che quella ricostruzione, pur avendo nell’insieme funzionato, non è stata esente da zone d’ombra. C’è tuttavia ancora un elemento di cui tener conto: il senso dello Stato. Errani ha dimostrato di possederne in buona copia da governatore dell’Emilia-Romagna, negli anni del suo mandato ma, soprattutto, nel modo in cui a quel mandato ha ritenuto di dover rinunciare. Condannato a un anno in Appello per una vicenda collegata al finanziamento a una cooperativa di cui suo fratello era presidente, s’è dimesso in poche ore, senza mezza polemica, rifiutando di dire la sua sui giornali per rispetto dei giudici. Quando la Cassazione ha annullato la condanna e una nuova sentenza d’Appello lo ha assolto, s’è ritrovato a essere una notevole risorsa sulla panchina del Pd.
Ora Errani, che fa della coesione sociale il proprio mantra, dovrà appellarsi a tutto il suo senso dello Stato per uscire dall’azzardo in cui si trova. Di coesione sociale, qui, ne troverà assai meno che nella sua EmiliaRomagna. Il bagno nel fango e nella polvere del sisma appare la ricetta più immediata perché la gente di queste contrade non lo senta come un alieno calato dall’alto. In tal senso è incoraggiante il siparietto con il sindaco di Amatrice, Pirozzi, che antropologicamente (prima che politicamente) è quanto di più distante da lui: «La mia credibilità è legata alla tua, la tua alla mia». Fare squadra. Sistema. Per conto dell’Italia tutta. L’idea che da questo fango e da questa polvere esca un Errani rinato e che quell’Errani davvero serva a far rinascere Amatrice, Arquata e gli altri paesi del sisma, non può essere una previsione. Ma è, di certo, un augurio.