E Chanel disse: i libri sono stati i miei migliori amici
Una mostra a Ca’ Pesaro racconta le passioni letterarie e culturali della stilista icona del Novecento
Quando parliamo di Coco Chanel parliamo della stilista che più di un secolo fa trasformò le donne in costume ottocentesco in quelle che vediamo oggi per le strade, negli uffici, nei ristoranti. Elaborò una filosofia di trasformazione — il nero, colore del lutto, trasformato nella cifra dell’indipendenza femminile; il bianco luminoso come le camelie di Marguerite, eroina de La Dame aux Camélias (diventerà Violetta nella «Traviata» di Verdi & Piave) uccisa dalla tisi come la madre della piccola Gabrielle Chanel (non ancora Coco); le strisce bianche e blu delle maglie dei marinai e la loro abbronzatura trasfigurate nel caposaldo estivo dello stile Chanel quando la bellezza femminile, da millenni, era soltanto diafana; il tweed delle giacche del suo amante inglese trasformato in tessuto femmi-
nile; il filo di perle come i rosari al collo delle suore che la allevarono in orfanotrofio, e le insegnarono a cucire, un gioiello portato sopra il giacchino come preghiera laica di liberté.
Ma se il fine di Chanel fu la libertà — e la trasformazione il suo mezzo — la forma dovette per forza essere quella dell’avanguardia: non stupisce che ci fosse anche Gabrielle Chanel — complice dei dadaisti, da Tristan Tzara a Francis Piacabia — tra il pubblico del Théâtre des Champs-Élysées la sera del 29 maggio 1913, «prima» de «La sagra della primavera» di Stravinsky con i balletti di Diaghilev, la musica rivoluzionaria che archiviò il Romanticismo otto- centesco e provocò una rivolta in sala, sedata soltanto dall’arrivo della polizia. Quella sera Gabrielle Chanel, lettrice vorace, amica dei pittori e dei drammaturghi e dei coreografi di una stagione culturale parigina irripetibile, vide Stravinsky (anni dopo diventò suo amante) inventare il Novecento musicale.
Ma come tutti i grandi innovatori formali, Chanel aveva una conoscenza profonda della classicità: nella sua casa di rue Cambon c’era una biblioteca con le opere dei suoi amici — Jean Cocteau, Pierre Reverdy, Max Jacob — accanto a quelle di Omero, Platone, Virgilio, Sofocle, Lucrezio, Dante, Montaigne, Cervantes, Ma-
dame de Sévigné, Stéphane Mallarmé. Tra i suoi volumi — uno dei ritratti più belli di una delle donne più misteriose del Novecento è di Douglas Kirkland, lei al cospetto dei libri della sua biblioteca — accanto alla Bibbia e agli scritti del teologo Jacques Bénigne Bossuet c’era Il
Cantico dei Cantici nella traduzione dall’ebraico da Ernest Renan del 1860, così come le Confessioni di Agostino. E dal 17 settembre (fino al 8 gennaio 2017) sarà possibile curiosare tra i libri di Mademoiselle, i suoi quadri, i suoi appunti e le sue ispirazioni artistiche e letterarie e musicali: a Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, grazie alla mostra «Culture Chanel – La donna che legge» (dell’amato Flaubert, per esempio, verrà mostrato il manoscritto di Madame Bovary, uno dei romanzi della vita di Coco Chanel).
È la più recente evoluzione del progetto curato da Jean-Louis Froment che con un tema sempre diverso racconta il percorso unico e personalissimo che permise a «Mademoiselle» di attraversare il Novecento. Dopo Mosca nel 2007 (Museo statale delle Belle arti Puškin), Shanghai (Museum of Contemporary Art) e Pechino (National Art Museum of China) nel 2011, Canton (Opera House) e Parigi (Palais de Tokyo) nel 2013, Seul (Dongdaemun Design Plaza) nel 2014, ecco Venezia amatissima dalla stilista francese, così importante nella sua ispirazione: la mostra racconta l’universo creativo di Gabrielle Chanel nell’ottica — inedita — del suo rapporto con il libro e la lettura. La mostra si svilupperà intorno a quattro sequenze: «La vita che conduciamo», «Le confidenze dell’invisibile», «Thoughts that make you think» e «Gli aspetti del tempo». Ben 350 pezzi che formano come un mosaico il ritratto intimo della creatrice. L’importanza del disegno, la predilezione per la classicità, l’attrazione per il barocco, l’amore per la Russia e gli ori veneziani. La vita di Chanel — anche per la bravura della stilista nel confondere le tracce della sua biografia che potevano ostacolare la sua reinvenzione da orfana di provincia a regina della moda di Parigi — è sotto molti aspetti un enigma. La confessione più autentica — dopo tanti amori difficili o finiti male — quella fatta all’amico Paul Morand: «I libri sono stati i miei migliori amici».