Il perdente Lancaster e il sogno americano diventato incubo
Forse un regalo del clima sessantottino, il film Un uomo a nudo di Frank Perry ci mostra un regista attento alla nuova sociologia americana ma con derivazione letteraria nobile. In realtà il film era del ’66 ma fu tenuto dalla Columbia due anni fermo, fiutando un flop e in seguito a divergenze col regista, tanto che alcune scene furono rifatte dal giovane Sydney Pollack.
Un uomo a nudo viene da uno dei più bei racconti brevi della narrativa americana, l’introvabile Il nuotatore di John Cheever, diventato di moda troppo tardi e adattato da Eleanor Perry, moglie del regista.
Burt Lancaster, protagonista attento non solo del cinema ma anche della vita del suo Paese (per un periodo anche produttore) interpreta stavolta un perdente sociale, vittima di un’amnesia che prepara il colpo di scena finale: non a caso l’attore disse che era il suo titolo preferito.
Per tornare nella sua casa in periferia, dopo un villaggio di ville di nababbi, Ned Merrill, pubblicitario che forse era stato un uomo di successo, decide un tragitto inconsueto, nuotando fra le piscine, status symbol dei vicini con cui ha complicate relazioni.
Il 54enne Burt deciso, vigoroso, 95 minuti a torso nudo ma solo dopo aver fatto un corso di nuoto, si tuffa insomma nei sogni americani diventati incubi, involgariti dai tempi e dalla volgarità montante, come del resto aveva fatto lo strepitoso Jack Lemmon di Salvate la tigre: i rapporti sociali sono il tema del film, la sua aspra ragione di malin- conia. The swimmer è bellissimo, metafisico, quasi astratto; non ha avuto successo perché non offre facili lieti fini.
I fans della star, ex Gattopardo, non lo riconoscevano nel ritratto di questo cittadino medio che rinuncia alla falsa illusione fino alla catarsi, critica di un sistema di valori che andava disgregandosi al rombo dei motori di Easy Rider.
Un uomo a nudo
di Frank Perry, 1968 Sky Cine Classics, ore 23.15