Muraro indagata La crisi a Roma e il rebus di Raggi
Nomine ancora lontane. Di Battista: no ai Giochi
Nella giunta Raggi, in crisi per le nomine, si apre il caso dell’assessore Paola Muraro indagata.
«Come va? Benissimo, grazie». Sono le tre e mezzo di pomeriggio, quando Virginia Raggi sale al Campidoglio, infilandosi in un’entrata secondaria: jeans, occhiali da sole sulla testa, le Superga ai piedi. Quando incrocia il cronista del Corriere, allarga il sorriso: «Sono tranquillissima. E lo può anche scrivere».
La sindaca sta entrando a Palazzo Senatorio, dove la aspettano i suoi più stretti collaboratori, ai quali annuncia il «cambio di verso» (per usare un’espressione renziana) al quale si sta apprestando per superare le polemiche di questi giorni. Una settimana di tempo per «trovare persone di qualità» e sostituire i dimissionari (primo fra tutti l’ex assessore al Bilancio Marcello Minenna che lancia strali: «Sono andato via perché non c’era trasparenza», dice). Scelte più condivise con la maggioranza in aula Giulio Cesare, per andare incontro alle richieste dei consiglieri comunali. Nella chat interna Raggi scrive: «Vi comunico che, riprendendo l’idea iniziale, l’assessorato alle società partecipate sarà scorporato da bilancio». E poi: «I colloqui saranno fatti anche dai componenti M5S della commissione bilancio (anche da altri se vogliono ma non andiamo in 1.000...). Chiedete ai consiglieri che hanno colloquiato con Fantasia... (nuovo amministratore unico di Atac, ndr) lavorare insieme è vincente!». Il cambio nell’ossatura dell’esecutivo è un altro cambio di rotta, perché secondo Raggi dare tutto quel potere a Minenna «è stato un errore».
Altro punto, la revisione dei compensi sugli staff, delibere su cui deve arrivare il parere dell’Anac di Raffaele Cantone (contro il quale polemizza il giudice Ferdinando Imposimato: «Cantone ha sabotato la giunta Raggi»). Ma su Raffaele Marra, il vicecapo di gabinetto che dentro M5S vorrebbero che fosse depotenziato, la sindaca non arretra: «Non avrà la delega alla Sicurezza. Ma resta al gabinetto», fa sapere Raggi.
Nel tentativo di «blindarla», in suo soccorso arriva Alessandro Di Battista, negli ultimi giorni rimasto in silenzio. Il leader romano difende la sindaca («coraggio Virginia»), chiude sull’Olimpiade («abbiamo contro tutti quanti. Chi ci vuole fuori si è mangiato Roma e vorrebbe continuare il banchetto sulle Olimpiadi. Siamo con te. I romani violentati da 30 anni di oscena partitocrazia stanno con noi») e attacca il primo cittadino di Milano: «In Italia c’è un sindaco che amministra una città di
milioni di abitanti, che ha mentito sulle sue proprietà, nominato assessore un suo socio in affari ed è stato costretto a rimuovere il suo segretario generale (dopo solo 5 giorni) perché rinviato a giudizio per turbativa d’asta. Ma questo i tigì non lo dicono perché il sindaco non è del M5S ma è renziano e si chiama Sala. Tutti muti. Il manovratore non va disturbato».
Non che le tensioni siano azzerate. In giunta, si dice che il più nervoso sia Paolo Berdini, assessore all’Urbanistica, secondo alcuni il prossimo a lasciare. Specie se non dovesse fare un passo indietro la sua collega Paola Muraro, coinvolta nell’inchiesta sui rifiuti.
Le accuse di Minenna L’ex titolare del Bilancio: sono andato via perché non c’era trasparenza