Gas serra, lo storico «stop» di Usa e Cina
I due maggiori inquinatori ratificano l’intesa di Parigi. La volontà di Obama di lasciare un’eredità
DAL NOSTRO INVIATO
HANGZHOU Cina e Stati Uniti, i due più grandi inquinatori del mondo, hanno deciso insieme di «salvare il pianeta», come ha promesso Barack Obama commentando la sua ratifica presidenziale dell’accordo sul taglio delle emissioni di gas che provocano il cambiamento climatico innalzando la temperatura e causando fenomeni atmosferici che appaiono sempre più estremi.
Obama e Xi Jinping hanno formulato congiuntamente la loro promessa a Hangzhou, mentre i leader del G20 arrivapolitica
vano per il vertice economicofinanziario di oggi e domani. La spinta dei due presidenti spiana la via all’entrata in vigore forse entro dicembre del trattato Cop21 varato a Parigi a
dicembre 2015 che impegnerà almeno 180 Paesi a ridurre i gas serra. Obama, a fine mandato, è alla ricerca di un successo da lasciare in eredità dopo otto anni nei quali la sua
internazionale è stata accusata di mancanza di incisività in particolare per non aver posto fine ai conflitti in Siria e Libia e non aver contrastato il nuovo espansionismo cinese. Non avrà salvato i due Paesi in preda alla guerra civile e terroristica, ma ora rivendica che «la storia giudicherà lo sforzo sul fronte ambientale come un punto di svolta».
Il padrone di casa di questo G20, il cinese Xi Jinping, vorrebbe invece accreditarsi oltre che come salvatore del globo dalla minaccia del riscaldamento, anche e soprattutto come soccorritore della globalizzazione in campo economico e commerciale, mito infranto dalla crisi cominciata nel 2008. Non c’è troppo da far conto che in questi due giorni di conclave a 20 vengano elaborate ricette miracolose per uscire finalmente dalla mediocrità economica e sociale che ci deprime dal 2008. Il Gruppo dei 20, che rappresenta l’85% del Pil mondiale e il 75% dei commerci, è un’aggregazione di potenze industriali e nazioni emergenti con interessi per niente omogenei. Con questo beau geste verdeambiente che lo accomuna al leader Usa, Xi punta a dimostrare di avere le carte in regola per mettersi alla guida di quella che in Cina si comincia a chiamare «riglobalizzazione».