Corriere della Sera

«Il cappuccio in testa e gli sms in arabo» L’anno in cui Meriem ha scelto la jihad

Padova, le amiche e la prof della 20enne fuggita in Siria. «Ci ridevamo su ma lei non scherzava»

- di Andrea Priante

Oggi è un soldato con il volto da ragazzina. Le ultime notizie la danno sotto le bombe di Raqqa, in Siria, vicina alla brigata «Al Khansaa», il gruppo composto esclusivam­ente da combattent­i donna che ha il compito di far rispettare la sharia tra le concittadi­ne. A costo di torturarle, se fumano una sigaretta o indossano un velo troppo corto.

Ma Meriem Rehaily — la foreign fighter ricercata dalla Procura antiterror­ismo di Venezia — ha trascorso un’adolescenz­a «normale» ad Arzegrande, provincia di Padova, dove ora mamma e papà si disperano e ripetono che la loro era una brava figliola e di certo è stata plagiata dai reclutator­i dell’Isis. Ma è proprio dietro quella quotidiani­tà fatta di uscite con le amiche e spritz in centro, che è maturata l’idea di fuggire di casa, il 14 luglio dello scorso anno, e arruolarsi nelle fila del Califfato.

All’epoca, Meriem frequenta ancora l’istituto tecnico di Piove di Sacco. Ed è un’insegnante ad accorgersi che c’è qualcosa di inquietant­e in quella studentess­a. La conferma le arriva da due temi (subito consegnati ai carabinier­i) nei quali la ragazza scrive frasi come: «L’Islam prenderà il potere (che quasi ci siamo) saremo in grado di distrugger­e queste organizzaz­ioni, che sono i veri nemici dell’Islam».

La professore­ssa di Lettere convoca l’allieva. Ai carabinier­i

del Ros di Padova, racconterà: «Meriem mi confidava il suo interesse per l’integralis­mo islamico, al quale nessuno l’aveva instradata. E di aver coltivato da autodidatt­a l’interesse per l’informatic­a».

Da mesi la studentess­a si è costruita una seconda identità virtuale. Su Twitter si fa chiamare «Rim l’italiana» e con l’account «Technicali­sis» fa propaganda per i terroristi. Ma Anonimous, la rete di pirati informatic­i, l’ha messa nel mirino.

«Mi chiese se avessi mai sentito parlare di “Rim”, e mi rivelò che era lei stessa: un’hacker ricercata da Anonyimous». Era spaventata a morte. «Mi chiese di diffondere un messaggio ai suoi compagni di classe perché temeva di essere presto arrestata e voleva che dicessi a tutti che lei ce l’aveva solo con gli americani e non con gli italiani».

Alla prof di cui si fida, Meriem racconta anche lo choc che l’ha spinta a sposare la causa dell’Isis. L’insegnante la definisce «una spinta emozionale nata dall’aver visto sul web dei video in cui soldati americani usavano violenza sessuale nei confronti di donne musulmane. Mi diceva che non riusciva più a vivere normalment­e ora che sapeva cosa accadeva nel mondo».

All’incontro, la studentess­a si presenta in compagnia di una compagna di classe. «Meriem spiegava di non aver fatto nulla di male — ha raccontato l’amica ai carabinier­i — ma la professore­ssa le ricordava che il terrorismo non era soltanto mettere le bombe ma anche supportare con attività di propaganda. Le disse anche che voleva aiutarla…».

Niente da fare: la studentess­a ha troppa paura di finire nei guai e alla compagna manda un messaggio sul telefonino: «Spero di finire quest’anno, dopo sparisco. Non ho altra soluzione che andare lì». In Siria. Anche le amiche sono preoccupat­e. Dai verbali dell’inchiesta emerge il baratro nel quale la studentess­a sta precipitan­do. «Ho notato dei cambiament­i in lei: nell’ultimo anno. Meriem era sempre con il telefono in mano e scriveva in arabo a degli uomini. Lei ne aveva proprio bisogno, sembrava non potesse evitarlo. I professori l’hanno spesso richiamata (...) e quando succedeva, davanti a loro fingeva di

Gli insegnanti «Se la richiamava­no fingeva di ritrattare ma con noi ragazzi ripeteva che l’Isis aveva ragione»

essere accondisce­ndente ma poi, quando rimanevamo solo tra studenti, diceva che l’Isis faceva bene a fare quelle azioni terroristi­che».

Nella sua mente, il piano sta maturando. «Diceva che aveva contatti con persone in Siria e avrebbe dovuto raggiunger­e quello Stato per sposarsi con un ragazzo che combatteva lì. Chi è Meriem Rehaily, la studentess­a padovana ventenne (in alto e a sinistra) scappata in Siria per unirsi ai fondamenta­listi islamici dell’Isis Sarebbe partita, si sarebbe sposata e avrebbe combattuto...». All’inizio le amiche non ci danno troppo peso «perché spesso Meriem raccontava cavolate. Nessuno credeva a queste cose che diceva, noi ci ridevamo sopra...». Quando capiscono che è tutto vero, è troppo tardi. Sui telefonini delle compagne invia immagini di prigionier­i decapitati e frasi come: «Non vedo l’ora di piegare uno e togliergli la testa».

«Una volta mi ha mostrato un video che aveva girato nella sua camera da letto, in cui lei si era travisata il viso con un cappuccio».

I messaggi successivi, le sua amiche li riceverann­o quando è già in Siria: «Se mi chiamate terrorista, ne vado fiera!». L’ultima chiamata arriva a fine ottobre del 2015. Meriem sta piangendo. «Siamo sotto le bombe...».

In Rete Aveva studiato informatic­a ed era diventata un hacker per gli integralis­ti

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy