IL MOVIMENTO CINQUE STELLE RITROVI L’ISPIRAZIONE PERDUTA
Il fondatore del M5S Gianroberto Casaleggio considerava il web uno strumento capace di spezzare i vizi del potere. Giusta o sbagliata che fosse, quella visione interpretava in modo originale un bisogno reale delle democrazie avanzate
Il M5S é un’anomalia italiana che ha suscitato grande interesse anche all’estero, espressione di quella creatività che fa del nostro Paese un laboratorio a volte caotico ma sempre interessante.
Il movimento nasce e si sviluppa nel post 2008, nutrendosi del disagio diffuso nel ceto medio che non si sente più rappresentato dai vecchi partiti. E tuttavia, pur parlando allo stesso elettorato e toccando problematiche simili nella cornice generale dell’antipolitica, i 5 Stelle non sono assimilabili — nè per forma né per contenuti — ai populismi di destra. La differenza fondamentale è che al M5S non viene attribuita quella pulsione autoritaria che invece si riconosce nella destra. Per questo, il movimento non ingenera paura. Come hanno dimostrato le recenti elezioni amministrative quando, nel secondo turno, il M5S ha attirato il voto moderato a differenza di quanto accaduto nell’autunno scorso in Francia, dove Marine Le Pen ha perso tutti i ballottaggi (e così Salvini).
Un posizionamento che trova conferma nel profilo dei militanti: molti giovani laureati, donne emancipate, professionisti sensibili ai temi sociali. Ma anche in alcune delle posizioni più spigolose e insieme più distintive assunte su temi caldi, come la freddezza nei confronti dell’euro o il reddito minimo di cittadinanza.
Ciò riflette la genesi del movimento, nato da un’idea visionaria di Casaleggio resa poi popolare da Grillo: la Rete costituisce un’infrastruttura rivoluzionaria destinata a cambiare in profondità le forme della nostra convivenza.
Ivi compresa la vita politica.
Il fondatore del M5S considerava il web uno strumento capace di spezzare i vizi della politica così come la conosciamo. Attraverso cui selezionare la classe dirigente, prendere decisioni più partecipate, permettere forme inedite di trasparenza nella gestione della cosa pubblica. Un’occasione, cioè, per far nascere un nuovo modo di far politica.
Giusta o sbagliata che fosse, quella visione interpretava in modo originale un bisogno reale delle democrazie avan- zate, alla disperata ricerca di risposte alla crisi strutturale cominciata con l’infarto finanziario.
È vero: la realtà è stata molto diversa da quanto Casaleggio aveva prefigurato. Nella maggior parte dei casi, la Rete è stata una copertura per legittimare decisioni verticistiche, prese fuori da qualsiasi controllo. Non si possono dimenticare, per esempio, i numeri risibili della partecipazione online in occasione della scelta dei candidati; né le sbrigative espulsioni avvenute nel gruppo parlamentare.
Il fallimento sta tutto nell’incapacità
di tradurre l’intuizione iniziale in soluzioni innovative adeguate. Per esempio, nei processi di decisione e di trasparenza interna. Grillo, più che garante, rimane un deus ex machina e il direttorio è tutto salvo che una novità. La stessa leadership di De Maio sembra ricalcare vecchie logiche partitiche piuttosto che suggerire qualche significativa innovazione.
Il caos del Campidoglio esprime limpidamente l’involuzione a cui, in queste condizioni, il movimento è destinato. La prematura scomparsa di Casaleggio toglie al movimento quell’originalità che lo aveva fatto nascere. L’attuale gruppo dirigente non sembra in grado di sviluppare l’intuizione di fondo del suo fondatore e il consenso che oggi raccoglie è più effetto dagli errori altrui che dei meriti propri. Molti elettori hanno votato M5S non tanto per convinzione quando per disperazione.
In queste condizioni, non può che emergere l’inesperienza della sua classe dirigente. Privi di referenti internazionali, di radici storiche, di radicamento territoriale gli eletti, specie quelli in posizione di governo, devono contare quasi esclusivamente sulle risorse personali, su amicizie e conoscenze. In alcuni casi, le cose possono persino andare bene. Come sembrerebbe accadere, al momento, a Torino. Ma i problemi di fondo rimangono: nel vuoto in cui si muove, il M5S non può che trasformarsi in una feroce lotta di potere interna. Con infiltrazioni e attacchi di cui nessuno — nemmeno il vertice del movimento — può avere piena consapevolezza. Come il caso di Roma dimostra.
Tutto ciò non porta necessariamente alla conclusione che i M5S siano destinati all’implosione. Ci sono troppe variabili, nazionali ed internazionali, aperte. É chiaro, però, che senza l’ispirazione da cui era nato, è la ragione d’essere del movimento che viene meno.
Uno smarrimento che è una perdita per tutti.
Confronto Il consenso che viene oggi raccolto è più effetto degli errori altrui che dei meriti propri Realtà Il problema è consistito nel tradurre l’intuizione iniziale in soluzioni innovative adeguate