LA LEZIONE SPAGNOLA: I SISTEMI ELETTORALI SONO INADEGUATI AI NUOVI SCENARI
L’incubo si sta materializzando. Mariano Rajoy, primo ministro in carica per gli affari correnti e leader del Partito popolare, non è riuscito ad ottenere in Parlamento i voti per evitare alla Spagna (se non ci saranno sorprese nei prossimi due mesi) le terze elezioni in un anno. L’accordo con i liberalcentristi di Ciudadanos avrebbe avuto bisogno di un’astensione «programmatica» dei socialisti. Si era concluso negativamente anche il tentativo del numero uno del Psoe Pedro Sánchez, ostacolato con grande determinazione dall’estrema sinistra movimenti sta populista di Podemos. Il quadro politico uscito dai due appuntamenti elettorali è totalmente bloccato. Forse solo un’uscita di scena di Rajoy potrebbe permettere una svolta, consentendo ai socialisti di dare un sofferto via libera ai rivali, che sono giunti al primo posto ma non hanno ottenuto un numero seggi sufficiente per costruire una maggioranza. Non va però nella direzione di un allentamento delle tensioni la nomina alla Banca mondiale del discusso ex ministro dell’Industria José Manuel Soria. Il caso spagnolo ricorda che la governabilità è un dovere sostanziale nelle democrazie assediate dalle spinte antisistema. Non è un caso che si siano espressi per una convergenza con i popolari due ex leader socialisti come Felipe González e José Luis Rodriguez Zapatero. Ma va aggiunto che in uno scenario politico in movimento come quello europeo i sistemi elettorali senza premio di maggioranza non sembrano ormai più in grado di affrontare le insidie provocate dalla fine del bipolarismo. Oggi trema la Spagna, domani potrebbe accadere ai tedeschi.
@Paolo_Lepri