Corriere della Sera

La carica dei c.t. senza quarti di nobiltà

L’Inghilterr­a dopo il flop agli Europei si è messa nelle mani di Mister Nobody Allardyce La Spagna riparte da Lopetegui, disastroso con i club, il Belgio ha scelto Martinez

- Guido De Carolis a. b.

Sono Cittadella e Brescia le sorprese di queste prime due giornate del torneo di serie B. I veneti neopromoss­i sono in testa al campionato con due vittorie su due: ieri hanno battuto 2-0 la Ternana in uno dei tre anticipi. Il Brescia invece è a quota 4 punti: 1-1 alla prima otto giorni fa ad Avellino e 2-0 ieri al Frosinone, grazie ai gol di Morosini e Andrea Caracciolo (foto). «Ma non abbiamo ancora fatto nulla, la strada è lunga» ha commentato il tecnico Cristian Brocchi. Nel terzo

L’Inghilterr­a aspetta una vittoria da 50 anni. Per i maestri è stata una volta e mai più. L’unico successo resta il Mondiale del 1966, organizzat­o e vinto in casa tra mille polemiche. La Nazionale di Sua Maestà non ha più mai neanche sfiorato una Coppa del Mondo o d’Europa e il miglior piazzament­o rimane la semifinale di Italia 90, persa ai rigori contro la Germania. Una dote va però riconosciu­ta agli inglesi: la perseveran­za. Le hanno provate tutte e, dopo Roy Hodgson, ora si affidano a «Mister Nobody», un semisconos­ciuto: Sam Allardyce. Ha costruito la sua carriera nella provincia inglese: Blackpool, Notts County, Bolton, Newcastle, West Ham e Sunderland, ultima tappa del viaggio. Cresciuto ad Ash Green, innocuo paesino nel cuore del Regno Unito, comincia oggi il cammino su una delle panchine più perdenti e pesanti della storia. Dopo il flop di Euro 2016, l’Inghilterr­a non ha disputato neppure un’amichevole: esordisce in prima assoluta in Slovacchia per un’altra campagna mondiale. Vincere il Mondiale 2018 in casa dell’odiata Russia, con cui i rapporti in tutti i campi (diplomatic­i e commercial­i) sono al minimo, sarebbe un sogno. È però l’obiettivo affidato a Allardyce che non dovrebbe avere difficoltà a emergere in un girone di gommapiuma e a costruirsi così, a 61 anni, una più solida reputazion­e internazio­nale.

La curiosità e lo scetticism­o che accompagna­no l’Inghilterr­a sono superate solo dai dubbi su Julen Lopetegui, nuovo c.t. della Spagna. A 50 anni ha un curriculum da brividi a livello di club: un esonero via l’altro. Retrocesso e poi cacciato dal Rayo Vallecano, fallimenta­re con la squadra riserve del Real Madrid, disastroso con il Porto dove è ricordato per la peggior sconfitta della storia del club in Champions League (6-1 dal Bayern Monaco) e per essere stato uno dei pochissimi a chiudere due stagioni di fila con «zero tituli». Però il calcio delle Nazionali è diverso dai club e pare adattarsi meglio a Lopetegui. Il c.t. spagnolo ha vinto tre campionati europei tra il 2010 e il 2014 con le Nazionali spagnole Under 19, 20 e 21. Dovrà ora provare a ripetersi con la Spagna, eliminata dall’Italia agli ottavi di finale dell’ultimo Europeo. Nel girone G verso Russia 2018, sarà una sfida tra esordienti tra lui e il c.t. azzurro Giampiero Ventura. Avvio comodo domani per la Spagna contro il materasso anticipo, Perugia-Bari 0-1. Oggi, visto che AscoliCese­na è stata rinviata «per l’impossibil­ità di utilizzo dello stadio Del Duca a seguito del terremoto», si giocano altre sette partite. Alle 17.30 Entella-Avellino, alle 20.30 tutte le altre: CarpiBenev­ento, Latina-Spezia, Pisa-Novara, Salernitan­a-Verona, Spal-Vicenza, Trapani-Pro Vercelli. Fra i match più interessan­ti quello dell’Arechi fra campani e veneti, replay della finale playoff per salire in B del giugno 2011: partita Manager Sam Allardyce, 62 anni a ottobre, ex difensore, ha sostituito Roy Hodgson sulla panchina dell’Inghilterr­a che questa sera affronta la Slovacchia (Afp) Liechtenst­ein. Lopetegui ha raccolto la pesante eredità di Del Bosque, ma guida una corazzata ed è partito bene vincendo 2-0 la prima in casa del Belgio, dove siede un altro nuovo del mestiere di c.t.: Roberto Martinez.

Il 43enne ex allenatore dell’Everton è stato scelto a sorpresa per rimpiazzar­e il disastroso Marc Wilmots, eccezional­e nelle amichevoli, pessimo nella gestione di Euro 2016. Il Belgio è secondo nel ranking mondiale, primo in Europa, ha una squadra ottima, ma è riuscito nella titanica impresa di farsi eliminare dal Galles ai quarti di finale. Wilmots ha mostrato limiti tattici, Martinez da quel punto di vista è ben preparato. Pur non avendo grandi individual­ità, nell’ultima Premier League l’Everton ha espresso un’idea gioco. Per il tecnico spagnolo non sarà semplice importarla in Nazionale, dove si ha poco tempo per lavorare. Però il Belgio ha un girone con poche insidie e Martinez può superarlo in scioltezza. Dovrà guardarsi dalla Grecia, Nazionale che in panchina porta da meno di un anno il 51enne tedesco Michael Skibbe, un altro con un cv senza sussulti. Prima di lui ad Atene si sono alternati c.t. di spessore: Otto Rehhagel, il condottier­o che ha portato allo storico successo di Euro 2004, Fernando Santos, che ha guidato il Portogallo alla vittoria in Francia e l’ultimo re d’Inghilterr­a, Claudio Ranieri, durato però appena 4 gare. Ora ci prova Skibbe, non troppo diverso dagli altri nuovi c.t.: tutti senza pedigree.

«Se n’è andato un altro pezzo di un Cagliari irripetibi­le». Gigi Riva ha la voce più roca del solito e fatica a ricacciare indietro le lacrime mentre parla di Claudio Olinto De Carvalho che tutti i tifosi conoscevan­o come Nenè. Un ragazzo buono e un campione vero. Scovato da Boniperti in Brasile, è stato alla Juventus soltanto una stagione. Il trasferime­nto al Cagliari ha dato la svolta alla sua vita e alla sua carriera. Se Riva era l’anima di quel cerchio magico che nel ’70 ha regalato uno storico scudetto all’Isola, Nenè era uno dei simboli insieme a Albertosi, Greatti, Cera, Domenghini, Bobo Gori. La Sardegna è diventata in fretta la sua casa, 13 anni in rossoblù, 311 partite e 23 gol. «Eravamo molto legati. All’inizio dormivamo nella foresteria della società e tiravamo tardi la sera a chiacchier­are in camera sua. Scopigno faceva finta di niente, si fidava di me, sapeva che sul campo non ci saremmo risparmiat­i».

Nenè, per la verità, non era un gran combattent­e e ogni volta per farlo entrare nel clima partita bisognava scuoterlo: «Guarda che ti marca uno tosto, gli dicevamo. Allora si scatenava, in campo ne ha fatti ammattire tanti perché non si fermava mai. Insieme siamo stati felici. E vincenti».

Purtroppo, una volta smesso di giocare, la vita non è facile per Nenè. Gli piaceva allenare i giovani e con la Fiorentina ha vinto pure uno scudetto Primavera, ma non è riuscito ad andare oltre la serie C. Soprattutt­o voleva una famiglia felice «e una moglie modello. E invece ci sono stati problemi sino al divorzio e anche dopo. Non voglio giudicare, non sta a me farlo, ma sono dovuto intervenir­e per affidare Nenè a un tutore legale, così negli ultimi anni ha potuto garantirsi le cure in ospedale. Gli ultimi due mesi sono stati una sofferenza, parlava solo con quegli occhioni grandi e bianchi che aveva e per noi che gli volevamo bene e ce lo ricordavam­o felice, è stato un tormento. Almeno ha smesso di soffrire. Cagliari, di sicuro, non lo dimentiche­rà. E neppure io».

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