Kate, pilota a 26 anni «Insegnanti? Contrari»
La più giovane pilota al mondo: quando mi vedono i passeggeri sono increduli
Ascuola i professori volevano farle cambiare idea: «Devi iscriverti all’università, l’aviazione non è un’alternativa percorribile». Ma oggi Kate McWilliams, a 26 anni, è la più giovane comandante pilota del mondo. La prima domanda dei passeggeri è quella classica: «Davvero eri tu a pilotare l’aereo?». La seconda pure: «Quanti anni hai?».
La prima reazione è quella classica. «Davvero eri tu a pilotare l’aereo?». La seconda pure. «Quanti anni hai?». E lei risponde a chiunque: «Ho 26 anni e sì, sono una comandante donna». La più giovane del mondo. Il record di Kate McWilliams — originaria di Carlisle, in Cumbria, 400 chilometri a nord di Londra, papà ottico, tre sorelle più grandi e un nonno con un passato nelle forze aeree britanniche — è arrivato nonostante i suoi tanti prof che hanno fatto di tutto per farle cambiare idea. «Mi dicevano: devi iscriverti all’università, l’aviazione non è un’alternativa percorribile», racconta lei al Corriere, per la prima volta, mentre si prepara a decollare dall’aeroporto londinese di Gatwick per Budapest portando un Airbus A320 con 180 passeggeri su un volo commerciale di easyJet, una delle più grandi low cost del pianeta.
Kate non è solo la più giovane. È anche una delle poche a pilotare un aereo: nel settore sono meno del 5%. Percentuale che nel vettore inglese Carolyn McCall, amministratrice delegata (pure lei una mosca bianca, pardon rosa, ai vertici, in mezzo a tutti quei ceo maschi), vorrebbe più che raddoppiare portando a 12 la percentuale di nuove reclute femminili nei prossimi due anni.
Una passione per i velivoli, quella di Kate, iniziata a quattro anni quando assiste a un air show. Poi rimasta latente per un po’. «A tredici anni ho pensato che potrebbe essere una bella cosa lavorare in una cabina di pilotaggio». In piena adolescenza inizia a informarsi sui corsi di addestramento e sulle abilitazioni necessarie. «Vuoi diventare pilota? No, tu andrai all’università», le dicevano gli insegnanti. «Ma io sapevo quello che volevo fare», ricorda Kate. I genitori non l’hanno ostacolata. «Devo dire che sono sempre stati al mio fianco».
Così eccola, poco più che maggiorenne, iscriversi al Ctc Aviation, scuola tosta e istituzione leader nella formazione. Quattordici esami scritti, primo volo — vero — il primo giugno 2011. «Dovevamo effettuare almeno sei atterraggi davanti ai nostri due istruttori». Diventa primo ufficiale. Inizia a lavorare per easyJet. Ai primi tempi la sua base è Gatwick. Poi tre anni li passa a Parigi dove il Charles de Gaulle diventa la sua casa. Lo scorso giugno è tornata nel Regno Unito. E ora eccola qui. Ai comandi e con una nuova divisa.
«Mi piace stare in una cabina perché ogni giorno è diverso. Cambiano i passeggeri, cambiano le destinazioni, cambia persino il tempo. C’è sempre una sfida da affrontare, non ci si annoia mai», ragiona. Una sfida, quotidiana, è anche la reazione dei viaggiatori. «Prevale soprattutto la sorpresa, più per l’età che per il genere, anche se devo ammettere che le donne sono quelle che mostrano più scetticismo quando mi vedono, il che è sorprendente. Ma devo ammettere che non mi colpisce più di tanto». Con i colleghi maschi, sostiene, il lavoro procede senza intoppi. «Alcuni mi dicono addirittura che preferiscono volare con noi, ma questo forse è meglio se non lo dico», scherza.
Come tutti anche lei ha uno scalo favorito. «Nizza, soprattutto per il panorama all’atterraggio». In Italia la si incrocia spesso. «A Milano, Roma, Napoli, Olbia, Catania, Venezia, Pisa». Ma Bari è, forse, la tappa italiana più emozionante. «Nel 2014, era giugno, ho pilotato il jet con due passeggeri per me molto speciali: mamma e papà». Anche se, ammette, la reazione dei genitori alla vista della cabina non è stata proprio entusiasmante: «Il tuo ufficio è così piccolo...». I voli problematici non sono mancati. «Più per il maltempo, sono stati pochi i passeggeri che hanno creato problemi a bordo».
E il futuro? «Niente rotte intercontinentali, non fanno per me — risponde decisa Kate —. Non voglio stare troppo lontana da casa e non mi piace l’idea di trascorrere un pezzo della mia vita con un bagaglio sempre in mano e in alberghi diversi in giro per il mondo».