Clinton-Trump, l’ora della verità
Con il dibattito di ieri la campagna presidenziale entra nella fase finale Nella giornata di oggi i sondaggi diranno chi ha superato meglio la prova Da qui al voto dell’8 novembre in calendario altre due sfide dirette
Con il dibattito di ieri notte la campagna presidenziale è entrata nella fase finale. Donald Trump e Hillary Clinton hanno sottoposto a un duro contraddittorio pubblico posizioni e slogan fin qui diffusi nei comizi, davanti a sostenitori entusiasti. Nelle prossime ore i sondaggi diranno chi dei due ha superato meglio la prova, nei 90 minuti di confronto alla Hofstra University, Long Island, Stato di New York.
Il percorso, però, è ancora lungo. Da qui all’8 novembre, giorno del voto, sono in calendario altre due sfide dirette: il 9 ottobre a St. Louis in Missouri e il 19 ottobre a Las Vegas, in Nevada. Già tra due settimane il formato sarà diverso da quello visto ieri notte, dove solo il moderatore della Nbc, Lester Holt, ha rivolto le domande sui tre temi concordati: sicurezza, economia, ruolo dell’America nel mondo.
Nella Washington University di St. Louis, invece, metà dei quesiti saranno posti da cittadini selezionati dall’istituto Selfie di massa La foto è stata scattata a Orlando, in Florida, dalla fotografa ufficiale della campagna di Hillary Clinton, Barbara Kinney Gallup tra coloro che non hanno ancora deciso chi votare. E questo potrebbe essere un altro passaggio chiave nel corsa alla Casa Bianca.
Hillary e «The Donald» si sono presentati nel palazzetto sportivo della Hofstra con la patente dei candidati più impopolari della storia recente americana. Sul piano politico ciò significa una cosa molto chiara: larghe quote di cittadini non hanno ancora scelto su chi puntare o non hanno neanche deciso se presentarsi alle urne. La volatilità del consenso e l’incognita sul numero dei votanti possono far saltare qualsiasi previsione.
Se è così, il vantaggio di 2,5 punti percentuali accreditato a Hillary Clinton dalla media delle rilevazioni è insidiato da troppe variabili. La candidata democratica vuole sfondare nel bacino dei moderati repubblicani, diffusi un po’ in tutto il Paese.
Ma nello stesso tempo deve stare molto attenta all’emorragia di consensi tra le tute blu degli Stati industriali del Nord, dal Michigan all’Illinois, che nel 2012 appoggiarono in blocco Barack Obama e che adesso sono tentati dalla linea «anti-globalizzazione» di Donald Trump.
Non basta. Lo staff dell’ex Segretario di Stato scruta con attenzione i segnali in arrivo dai «latinos». La preferenza delle minoranze, fin qui, era data per acquisita. Adesso, però, le ricerche mostrano che i giovani di origine centro o sud americana, esattamente come i coetanei bianchi, sono poco attratti dall’offerta politica di Hillary.
Il front-runner repubblicano deve affrontare questioni simmetriche. Il suo messaggio
fa presa tra la massa dei bianchi, specie se maschi e con livelli modesti di studio. Per vincere deve riuscire ad agganciare almeno una parte delle minoranze e, in qualche modo, riconciliarsi con l’elettorato femminile.
Da qui in avanti, dunque, la campagna si svilupperà su due territori distinti. Gli eventi di partito serviranno sia a Hillary Clinton che a Donald Trump per blindare il consenso di partenza: operazione niente affatto scontata e comunque indispensabile. I due dibattiti televisivi che rimangono, cui va aggiunto quello del 4 ottobre tra i due potenziali vice presidenti, il democratico Tim Kaine e il repubblicano Mike Pence, saranno gli unici strumenti a disposizione per conquistare i voti aggiuntivi necessari.
Vantaggio Il vantaggio di 2,5 punti accreditato finora a Hillary è insidiato da troppe variabili