Fico, Lombardi e Taverna Veterani contro vincitori Ma la «rivolta» non decolla
Dentro l’ala dura c’è chi evoca la linea di demarcazione del 2012
Nel Movimento 5 Stelle c’è un prima e c’è un dopo. La data di discrimine l’ha fissata Roberta Lombardi, nell’intervista al Corriere: il 2012, anno che segna la vittoria dei 5 Stelle in un grande Comune, Parma. E anno nel quale i 5 Stelle cominciano una lenta trasformazione da Movimento a «partito» e «istituzione», con il ridimensionamento progressivo dei meet up, e la verticalizzazione di una struttura che il mito fondatore prevedeva orizzontale. L’«uno vale uno», se mai ha avuto corso, è stato messo in crisi dai nuovi leader carismatici. E proprio a Palermo, il tentativo di rivolta dei movimentisti della vecchia guardia contro l’incoronazione del duo Di Maio-Di Battista è stato subito soffocato dall’intervento dei vertici e dalla vigilanza occhiuta di Rocco Casalino, potente capo della Comunicazione.
Che il tema sia sentito, lo testimonia Grillo. Che, dal palco di Palermo, ha promesso un «ritorno alle origini». Il fondatore ha evocato «lo spirito del Movimento», quello di una comunità orizzontale, aperta, inclusiva. Quella che, per dirla con Roberto Fico, faceva meno
e meno post e lavorava di più sui temi. Del resto, nessuno se lo ricorda ma le 5 Stelle non sono solo un simbolo grafico. Rappresentano temi chiave: acqua, ambiente, trasporti, sviluppo ed energia.
Eppure Grillo sa che quel tempo non tornerà più. E il suo è un tentativo, forse tardivo, per tenere unite due anime di un Movimento che si sta sfilacciando: la vecchia guardia, «più attenta alla sostanza» (copyright Lombardi) , e i nuovi leader, che praticano con convinzione il culto dell’immagine e del carisma.
Rendeva plasticamente l’idea la scena che si è svolta sul pratone di Palermo: Di Battista, gli anni trascorsi dalla fondazione ufficiale del Movimento 5 Stelle avvenuta a Milano il 4 ottobre 2009 dopo essere sceso dalla moto, arriva di corsa sorridente, inseguito da una torma di fan, e quasi travolge Fico, che sta parlando con oscuri militanti, dei problemi di un meet up di un paesino. Di Battista, correndo, prende il braccio di Fico per coinvolgerlo nel bagno di folla, ma il presidente della Commissione Rai si divincola. Sensibilità diverse, ma anche modi di intendere la politica diversi.
Quando la Lombardi parla di eccessi del direttorio, riferendosi La vecchia guardia Da sinistra in senso orario: Roberta Lombardi, 43 anni, ex presidente del gruppo alla Camera; Carla Ruocco, 43 anni, membro del direttorio; Paola Taverna, 47 anni, ex capogruppo al Senato; Roberto Fico, 41 anni, presidente della Vigilanza Rai e componente del direttorio. Tutti e quattro contestano alcune scelte di Raggi e il protagonismo di alcuni membri del direttorio alla battuta di Di Battista su un fantomatico governo di scopo, evoca il rischio che la comunicazione faccia premio sulla politica.
Eppure, i nuovi leader, spalleggiati da Grillo e Casaleggio, I nuovi leader vanno in tv e praticano con convinzione il culto dell’immagine hanno già vinto. Il loro pragmatismo sta sbaragliando l’ortodossia. Non è un caso che la Lombardi, nella notte di domenica, si sia affrettata a contestare le interviste «fasulle» rilasciate (che fasulle, naturalmente, non erano). Perché a quell’ora le sue parole sono arrivate ai piani alti e le è stato chiesto conto delle critiche. Alla ritrattazione si è affiancata una foto affettuosa con Di Maio e Di Battista. Per evitare equivoci, anche Carla Ruocco si è affrettata a farsi un gli anni trascorsi dalla prima vittoria del Movimento 5 Stelle in un Comune capoluogo (Parma) il 21 maggio 2012 I nuovi potenti Da sinistra, in senso orario: Alessandro Di Battista, 38 anni, è l’anima movimentista dei 5 Stelle, reduce dal tour in moto per promuovere il No al referendum costituzionale; Luigi Di Maio, 30 anni, vicepresidente della Camera, incarna il volto istituzionale del Movimento; Rocco Casalino, 44 anni, capo della comunicazione; Virginia Raggi, 38 anni, prima cittadina di Roma
con Grillo.
Il profilo istituzionale va di pari passo con quello mediatico. Di Maio da mesi si va accreditando come premier in pectore: dall’incontro con il direttore di Civiltà cattolica fino alle incursioni all’estero (è atteso a Boston e New York). Con Di Battista frequenta spesso e volentieri la tv. Raggi condivide l’attenzione ai media, che pure detesta. Dice ai cronisti «mi fate pena», poi li saluta con la mano dal balcone. E si fa riprendere in video mentre balla.
Federico Pizzarotti, sindaco di Parma dal fatidico 2012, è in rotta di collisione e condivide le perplessità della vecchia guardia: «Doveva essere il Movimento dove si decide tutti insieme e invece decide uno solo, Grillo». Il movimento è ormai verticale, con qualche residuo di orizzontalità ostentata. E la vecchia guardia è sempre più ai margini. Anche se i leader attuali dovranno guardarsi dalla profezia di Fico: «Le rivoluzioni a metà sono peggio dei partiti».
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