Corriere della Sera

Arnold Palmer, il primo eroe del golf

- Di Domenico Calcagno

Forse non è stato il migliore, di sicuro è stato il più importante. Arnold Palmer se ne è andato a 87 anni e nessun altro, neppure Tiger Woods, è stato altrettant­o ammirato e riverito. Ha giocato per oltre 50 anni, vinto 62 tornei, compresi 7 Major (quinto nella classifica all time), ed è stato l’uomo che ha trascinato il golf fuori dagli esclusivi club per miliardari portandolo alla gente comune. Prima di lui le television­i non trasmettev­ano i tornei, con lui cambiò tutto: dirette, dollari e fairway invasi dalla Arnie’s Army, l’esercito dei suoi tifosi. Lo chiamavano il Re, tifavano per lui perché giocava un golf diretto, rischioso, entusiasma­nte. E perché era una specie di John Wayne: carismatic­o, affabile, cordiale, felice di essere quello che era. L’ex ragazzo di Latrobe, il paese della Pennsylvan­ia dove è cresciuto e dove il suo nome è ovunque (gli è stato intitolato anche l’aeroporto: aveva preso il brevetto di pilota e spesso andava ai tornei col suo piccolo aereo), era il tipo che potevi immaginare senza sforzo alla guida di un trattore, mentre tagliava l’erba o spalava la neve dalla strada. È stato il primo eroe popolare del golf e uno dei grandissim­i dello sport, ha convinto milioni di americani ad acquistare una certa automobile e a scegliere un certo olio per farla marciare. A bere una bibita o mangiare una certa marca di cereali. Ha guadagnato moltissimo vincendo, pubblicizz­ando, disegnando campi da golf, e ha speso altrettant­o per dare una mano con la sua fondazione. Ha giocato con sei Presidenti e dato lezioni di putt a Obama sulla moquette della Sala Ovale. Una leggenda gentile, amato come nessun altro (foto Ap).

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