Corriere della Sera

Gio Ponti e il blu Costiera Rivivono le ceramiche vietresi

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Baronetto avvenirist­ico L’architetto inglese Norman Foster e, sullo sfondo, la cupola del Parlamento tedesco (Reichstag) da lui ristruttur­ato. L’edificio è stato inaugurato nel 1999 (Foto AP/Jockel Finck) Napoli-Portici. In seguito divenne famosa per la sua produzione di piastrelle ceramiche smaltate a mano, per cui fu naturale per Gio Ponti decidere di far realizzare le maioliche del futuro albergo proprio qui», racconta Patrizia Famigliett­i, art director di Ceramica Francesco de Maio, capofila del gruppo di cui oggi fa parte Antiche Fornaci D’Agostino, che ha ottenuto dagli eredi di Ponti la licenza per riprodurre i decori.

Un rapporto di elezione, quello di Gio Ponti con la ceramica, come rievoca Salvatore Licitra, suo nipote e curatore dell’archivio: «Mio nonno aveva da sempre una passione per questo materiale: per lui la piastrella, in un progetto di interni, rappresent­ava la possibilit­à di personaliz­zare, la considerav­a uno strumento per creare un’atmosfera: attraverso la forma, ma soprattutt­o con il colore. Un concetto più da artista — quale in fondo lui era — che da architetto».

Le piastrelle per l’hotel Parco dei Principi presero forma non solo sotto la sua regia ma, fisicament­e, dai suoi schizzi e dalla messa a punti dei colori. «Abbiamo conservato tutti i suoi disegni preparator­i e ci sono foto che documentan­o Gio Ponti durante le prove dei colori che realizziam­o, oggi come allora, con pigmenti naturali. Alla D’Agostino lui trovò Maioliche Sopra, una camera dell’Hotel Parco dei Principi a Sorrento. In alto, Gio Ponti durante una prova colore alla manifattur­a D’Agostino

Il «maschile»: decori tratti dai tessuti da uomo (principe di Galles, tweed) i colori sobri, dai blu al grigio, al tabacco e le superfici metallizza­te chi era in grado di unire artigianat­o e serialità, concetto cardine del suo modo di progettare», dice Famigliett­i.

Geometrie ammorbidit­e da fiori e foglie stilizzate, mezzelune, cerchi irregolari, ma soprattutt­o le sfumature tipiche della ceramica vietrese: «Realizzate con una mascherina in una carta speciale, che riproduce il disegno il quale viene poi pennellato a mano su ogni singola piastrella, con un effetto finale di striatura», spiega l’art director. Un rilancio, questo, il cui valore va però oltre

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