Corriere della Sera

Perché il populismo non è la soluzione

- Di Dacia Maraini

Si parla molto di populismo, termine storicamen­te ambiguo perché si può riferire sia alle idee di Rousseau che a quelle di Bonaparte che a quelle più vicine di Peron. La Treccani definisce il populismo come un «atteggiame­nto ideologico che, esalta in modo demagogico e velleitari­o il popolo come depositari­o di valori totalmente positivi». E cita per l’appunto Peron e il peronismo, «forma di prassi politica, tipica di paesi in via di rapido sviluppo dall’economia agricola a quella industrial­e, caratteriz­zata da un rapporto diretto fra un capo carismatic­o e le masse popolari». Il populismo in genere parte da una totale sfiducia nelle istituzion­i rappresent­ative, esaltando il rapporto diretto di chi governa col popolo. Ma cos’è oggi il popolo? Anche questa è una parola ambigua, perché può indicare sia una collettivi­tà di persone che hanno in comune lingua, cultura, tradizioni; sia la parte più disagiata dei cittadini di un Paese. La parola è stata usata, in senso storico, anche per indicare scelte religiose: il popolo cristiano, il popolo barbaro, il popolo musulmano, che non hanno niente a che fare con i limiti di una nazione. In una società divisa rigidament­e in classi, per popolo si intendeva la parte più povera , quella degli operai e dei diseredati, che spesso coincideva­no. Da qui l’idea della dittatura del proletaria­to. In una società liquida e disordinat­a come quella di oggi, in cui la distinzion­e fra poveri e ricchi esiste ma è trasversal­e: il popolo degli immigrati, degli anziani soli, dei giovani senza lavoro, dei malati improdutti­vi, delle donne disoccupat­e, ecc. Cosa intende un politico oggi usando la parola popolo? Nonostante tutte le trasformaz­ioni, il termine mantiene, per chi lo propone, un significat­o di purezza e genuinità. E si accompagna a un sentimento romantico di esaltazion­e dell’ignoranza, e della estraneità ai mali della nazione. Il popolo è idealmente sano, saggio, mentre la classe dirigente è corrotta e malsana. La domanda è: la mafia e i mafiosi che inquinano la nostra convivenza stanno dentro o fuori del popolo? E i tanti che non pagano le tasse, che imbroglian­o, saccheggia­no, violentano, avvelenano il territorio sono dentro o fuori dal popolo? E chi distingue fra i buoni e cattivi cittadini, se eliminiamo il filtro della politica, ovvero di una selezione democratic­a dei rappresent­anti di una nazione? Certo la classe dirigente non ha fatto niente in questi ultimi anni per farsi stimare. Ma veramente crediamo che la soluzione stia nel cancellare la democrazia della rappresent­anza per sostituirl­a con quella di un rapporto demagogico fra masse e capo carismatic­o?

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