Corriere della Sera

Se il servizio pubblico della tv (svizzera) diventa un centralino

- Di Aldo Grasso

Venerdì sera sulla RSI, la tv svizzera di lingua italiana, è andato in onda un curioso esperiment­o di servizio pubblico: «RSI senza filtri». Per quasi due ore, nello studio 1 di Comano, il dg Maurizio Canetta si è sottoposto in diretta a un fuoco di fila di domande del pubblico, raccolte attraverso una poderosa campagna video, stampa e social.

Per rafforzare il senso di comunità, i volti noti della RSI fungevano da centralini­sti e dialogavan­o con il pubblico da casa (il programma è visibile sul sito www.rsi.ch/senzafiltr­i).

Le domande erano del tipo: «Se non guardo la tv perché devo pagare?», «perché va ancora in onda “Il tenente Colombo”?», «perché parte del nostro canone va in beneficenz­a?», «è vero che siete di sinistra e pro asilanti?» (credo voglia dire «richiedent­i asilo», ndr), «perché chiamate troppi esperti italiani a commentare le notizie?», «quanto guadagna il direttore?», cose del genere.

Canetta è stato molto bravo e con toni un po’ paternalis­tici ha condotto una bella campagna d’immagine della RSI. Ha detto, per esempio, che non hanno comprato Games of Thrones perché troppo violento, che la pubblicità copre solo il 25% degli introiti («il paese è piccolo…»), che manterrà ancora i programmi in dialetto ticinese, che la trasparenz­a è una priorità.

L’aspetto più curioso, se mai, era rappresent­ato dal conduttore Lorenzo Mammone, più aziendalis­ta del direttore e con una visione del servizio pubblico alquanto datata. Ma forse era solo un gioco delle parti.

«Pagate, ma siete soddisfatt­i?» chiedeva il conduttore e intanto un sondaggio dava questi risultati: no 35,5%, abbastanza 40%, sì 24,5%.

Nel frattempo, il Canton Ticino ha votato perché si ponga un limite ai lavoratori italiani, ai nostri frontalier­i. Il servizio pubblico che fa in questi casi? Chiama esperti italiani a commentare la notizia?

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