Corriere della Sera

Lo scambio di dati (sì, sono i vostri) tra Facebook e WhatsApp

- Martina Pennisi @martinapen­nisi

WhatsApp e Facebook sono due applicazio­ni separate sui nostri smartphone (e tali rimarranno). A fine agosto, però, la prima ha aggiornato i termini della privacy chiedendoc­i se eravamo disposti o meno a condivider­e le informazio­ni relative al nostro account con la seconda, che la possiede da poco più di due anni. Perché? Per migliorare e potenziare i servizi incrociand­o i dati. Ad esempio, come molti avranno notato, Facebook si basa anche sui dialoghi di WhatsApp per suggerirci nuovi amici. Può capitare di scorgere fra i contatti potenziali il volto del medico o della babysitter con cui si è appena conclusa una chat sull’app verde. Stesso discorso per la pubblicità: conoscendo­ci meglio, il social può proporci spot più vicini ai nostri interessi. È lecito? Quali sono, con precisione, le informazio­ni che le due società si scambiano? Come viene chiesto il consenso? È garantita la revoca nel tempo? (La risposta c’è già: no, solo per 30 giorni). Lo ha chiesto formalment­e — con un’istruttori­a — il Garante per la privacy a WhatsApp. «Le loro nuove policy pongono serie preoccupaz­ioni dal punto di vista della protezione dei dati personali», ha detto il Garante Antonello Soro. Accodandos­i alle perplessit­à della commissari­a europea per la competizio­ne Margrethe Vestager e nel giorno in cui la Germania si è spinta oltre, ordinando il blocco degli scambi di dati dei 35 milioni di tedeschi che usano l’app di messaggist­ica. Le iniziative si basano sulla convinzion­e che si debba rispettare la legge sulla privacy del Paese in cui si opera e non di quello comunitari­o in cui si ha sede. L’Irlanda, nel caso di Facebook. Dal 2018, con il nuovo regolament­o Ue, questo aspetto già rinforzato da diverse sentenze sarà ancora più chiaro. Per ora, un portavoce dell’azienda sottolinea il rispetto delle leggi di Bruxelles e la disponibil­ità a collaborar­e con il Garante.

Il Garante per la privacy «La nuova politica è preoccupan­te per la protezione dei dati personali»

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