I giovani: sì agli Stati Uniti d’Europa, ma con meno vincoli
Vogliono l’Europa, la chiedono migliore di come è adesso, ma temono che il loro sogno resterà irrealizzato. Sono ragazzi critici e preoccupati quelli fotografati nell’indagine promossa dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo e realizzata da Ipsos su un campione di oltre seimila intervistati residenti in Italia, Spagna, Francia, Germania, Polonia e Regno Unito.
Il rapporto, che è stato condotto nella seconda metà di luglio e quindi non lontano dal voto sulla Brexit, dimostra che le nuove generazioni sono molto critiche su come è stato realizzato il progetto Europa sinora: due intervistati su tre ritengono che sia soprattutto «un insieme di parametri finanziari e di vincoli burocratici». Un pensiero molto diffuso soprattutto in Polonia (74,7 per cento condivide la tesi) e in Italia (66,7 per cento). Ma se poi si sollecita una valutazione sull’eventuale nascita degli Stati Uniti d’Europa, meno di un giovane su tre ha un atteggiamento negativo: in Spagna la percentuale di chi giudica positiva questa prospettiva è del 61,7 per cento, seguita dal 59,9 per cento di italiani. La percentuale di chi non è in grado di esprimere un giudizio varia dal 14 al 26 per cento, mentre i pareri negativi sono concentrati soprattutto in Germania (32,3 per cento). «I dati dell’Osservatorio Giovani — commenta il rettore della Cattolica, Franco Anelli — smentiscono clamorosamente il luogo comune circa la disillusione dei giovani sull’obiettivo di una casa comune europea. Chiedono anzi che venga rilanciata su basi più solide e con orizzonti meno angusti».
Voglia di Europa, insomma. Ma solo una minoranza di giovani è convinta che questo traguardo verrà raggiunto: la proporzione di chi assegna una probabilità maggiore del 50 «I dati smentiscono il luogo comune circa la disillusione dei ragazzi sulla casa comune europea», dice Franco Anelli per cento non va mai oltre il 40,5 per cento (italiano) e scende sino al 33,3 per cento (Polonia). Un dubbio legato alla scarsa fiducia che si ripone nelle istituzioni politiche. Sono all’altezza delle sfide che viviamo? Per paradosso, i meno pessimisti sono i giovani britannici, mentre i più critici sono gli italiani (solo il 33,6 per cento dà giudizio positivo). Come spiega il professor Alessandro Rosina, che ha coordinato l’indagine del Toniolo, «la loro valutazione è conseguente al voto sulla Brexit, che soprattutto i giovani non hanno condiviso. Sono questi ragazzi quindi a credere più di tutti nelle istituzioni europee».
Il fatto poi che gli italiani siano molto critici non condiziona la loro voglia di Europa: «I nostri giovani — commenta Rosina — sono quelli che più di tutti chiedono un’Europa che abbia una politica sociale comune su temi come la pensione, la sanità e il mercato del lavoro. Ed è inevitabile, perché questa è la generazione dei ragazzi che lascia l’Italia perché qui non trova un’occupazione e un futuro. Vorrebbero quindi un’Europa senza confini che offra opportunità maggiori. Sono consapevoli del fatto che per contare di più nel mondo bisogna essere uniti». Per dirla in altre parole, le differenze territoriali che si evidenziano nell’indagine dipendono dalle opportunità che i ragazzi trovano nel proprio Paese.
C’è poi un’altra chiave di lettura, tutta sociale: «Le classi sociali più basse, che non hanno viaggiato e studiato all’estero, che hanno subito una situazione di esclusione legata alla crisi economica, percepiscono l’Europa come un’entità lontana che non li ha aiutati nel loro progresso». Per restituire fiducia, come conclude il rettore Anelli, anche chi forma e istruisce ha un ruolo: «Le università possono, per la loro vocazione universale e la naturale apertura alla circolazione delle persone e delle conoscenze, favorire lo sviluppo di una rinnovata coscienza europea, attrezzandosi per divenire sempre più laboratori di cultura e di innovazione scientifica e sociale, nonché luoghi di dialogo».
Il rettore della Cattolica