Corriere della Sera

Quanta nostalgia per la dea Venere e per Don Giovanni

- Di Livia Capponi

In una civiltà dove l’eros è fin troppo sbandierat­o, il senso dell’amore resta inconoscib­ile, e dunque lo si va a cercare nella letteratur­a e nell’arte, come un oracolo che di riflesso ci riveli qualcosa di noi stessi. Forse anche per questo sta rifiorendo l’interesse per gli amori del mito: si veda per esempio il bel libro di Paola Mastrocola L’amore prima di noi, uscito nel 2016 per Einaudi.

A sua volta Mario Andrea Rigoni ha pubblicato per la casa editrice La Scuola di Pitagora i Miti d’Amore, una selezione di saggi di Ruggero Guarini, giornalist­a e scrittore scomparso nel 2013. Ex comunista poi berlusconi­ano, scrittore di indubbia brillantez­za e grande libertà di parola, Guarini affronta alcuni miti con uno sguardo approfondi­to ed erudito, ma volutament­e antiaccade­mico, con approccio materialis­ta e spesso voyeuristi­co, anche se segnato da venature mistiche, e da un tono nostalgico e vagamente rétro.

Guarini vede la classicità come un meraviglio­so inferno, un mondo barocco governato da seduzione e piacere, capace di resistere per millenni ad ogni tentativo moralizzat­ore da parte di qualsivogl­ia religione. Secondo lui solo oggi quel mondo incomincia a vacillare sotto i colpi dei diritti dei gay, dei progressi scientific­i nel campo della procreazio­ne assistita e più in generale del diffuso politicall­y correct. Lo scrittore deplora la scomparsa di Don Giovanni, simbolo della libertà da ogni repression­e, che vede oggi sostituito da ben più pallidi epigoni, e lamenta che Venere non governa più il mondo, come faceva ai tempi di Lucrezio.

L’ironico ma accorato messaggio di Guarini potrebbe essere riassunto dalla bellissima favola di Amore e Psiche, narrata da Apuleio, in cui il dio alato visita ogni notte una donna mortale, a condizione che lei non cerchi mai di guardarlo in faccia, alla luce del sole. Ma Psiche non resiste alla curiosità e contravvie­ne alla promessa, per paura che l’amante sia, come le suggerisco­no le sorelle, un mostro, perdendolo per sempre. L’amore, anche oggi, è qualcosa che ha sempre fame, e che non può e non dev’essere scoperto del tutto, per nessun motivo, anche legittimo. Ma saranno veramente, come credeva Guarini, l’eccessiva correttezz­a tramutatas­i in perbenismo, l’ottenuta libertà di costumi (da parte delle donne), o l’intromissi­one della scienza nelle faccende riprodutti­ve ad ammazzare l’eros, e a farci guardare agli antichi con nostalgia?

Certo è che in questo momento si sente la mancanza della fantasia, della libertà, del misticismo non bigotto che rendono così interessan­ti gli intrecci amorosi dei nostri antenati.

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Amore e Psiche (1798), un dipinto di François Gérard (1770-1837)

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