Corriere della Sera

Pellegrini: il segreto della sconfitta a Rio

Federica e il calcolo sbagliato del ciclo prima della gara. «Su me e Magnini un finimondo»

- di Alessandro Pasini

Cinque mesi dopo la finale di Rio Federica Pellegrini confida come mai in quella gara non è riuscita a dare il massimo. «Mi sono ascoltata dentro a lungo. E ho capito che la causa è stata la vicinanza al ciclo. L’ho calcolato malissimo, e mi sono trovata a gareggiare nel momento per me peggiore fisicament­e». Ma il 2016 per «Fede» è stato un grande anno. La crisi con Magnini? «Vorrei che la mia vita privata restasse tale».

L’intervista La nuova vita della Pellegrini tra piscina, gossip e la missione Tokyo 2020

La dolce tortura in piscina è ricomincia­ta da una settimana, «dopo il primo Capodanno al caldo della mia vita, alle Maldive, bellissimo». Dunque, lavoro duro a Verona fino a sabato e poi sei settimane negli Usa tra Arizona, Florida e Indiana, in isolamento: «Perfetto per pensare solo al nuoto». L’obiettivo sono i Mondiali di Budapest a luglio, ma l’avvertenza della ragazza è chiara: si va avanti anche dopo. «Il programma è quadrienna­le. Una volta deciso di continuare, era scontato. Fare la quinta Olimpiade mi attrae molto, anche se non so quanto sarò competitiv­a a Tokio, a 32 anni».

Volevo smettere, ma è stato l’istinto di un attimo Ora sto già pensando alla mia quinta Olimpiade

Federica Pellegrini, a giudicare dall’oro mondiale con record personale a dicembre nei 200 stile in vasca corta, ci sarebbe da stare tranquilli...

«Era l’ultimo oro dei 200 che mi mancava, a 28 anni l’avevo già dato per perso. Una bellissima sorpresa, comunque voluta».

Simbolicam­ente, vista come risposta immediata dopo il flop di Rio, è una delle sue più grandi imprese?

«Sì. Anche se già nel primo meeting di stagione a Massarosa avevo capito che con la testa c’ero ancora come prima».

A rivederlo, il 2016 è stato tecnicamen­te un grande anno: oro europeo, oro mondiale, i record personali in tessuto nei 100 e 200 stile. Se solo non ci fosse stata Rio…

«Vero, quella finale è stata l’unica cosa sbagliata in un anno da incornicia­re».

Cinque mesi dopo, si può dire con certezza che cosa non ha funzionato?

«Mi sono ascoltata dentro a lungo, ho parlato con Matteo (Giunta, l’allenatore, ndr) e alla fine abbiamo capito che la causa è stata la vicinanza al ciclo. L’ho calcolato malissimo, e mi sono trovata a gareggiare nel momento per me peggiore fisicament­e: mi sentivo come su un’altalena, con cali e stanchezze repentine».

Infatti in semifinale stava benissimo e in finale ai 150 era a soli 8 centesimi dal passaggio del suo personale stabilito un mese e mezzo prima. Ma la famosa rimonta Fede-style non è arrivata..

«Già. In finale ero completame­nte un’altra persona rispetto al giorno prima».

In passato le era mai accaduto?

«No, si vede che sono sempre stata fortunata. A Rio invece è successo. Ma non mi attacco a scuse: è un aspetto che ho sottovalut­ato».

Lei già a caldo parlò di «stanchezza incomprens­ibile». E minacciò di tirare un cazzotto a chi cercava cause mentali.

«Sì, perché non ammetto più che possa venirmi affibbiato il solito problema mentale. È passato il tempo in cui ero la bambina alle prima armi. Era la mia quarta finale olimpica, sapevo cosa mi giocavo. Anzi, a detta di tutti ero persino troppo tranquilla…».

Quanto è durata, dopo, la voglia di smettere?

«Quel giorno me lo porterò dietro per tutta la vita. Appena uscita dall’acqua ho detto “basta, non voglio più soffrire così”. I pianti e le facce disperate di chi mi stava intorno spero di non rivederli mai più...».

Su Instagram nella notte parlò di «cambiare vita».

«Sono istintiva, volevo solo tornare a casa. Meno male che c’è stato chi mi ha riportato con i piedi per terra».

La sua famiglia?

«Sì, importanti­ssima, come sempre. Mia mamma mi ha detto: “Primo, hai le staffette, non puoi abbandonar­e la squadra; secondo, sei la portabandi­era, stai lì zitta e basta”. Ho risposto: “Ok mamma, resto”. Ma non avrei mai accettato di smettere con quell’ultimo ricordo del nuoto».

Certe sconfitte servono a smascherar­e i buoni e i cattivi che le girano intorno?

«Onestament­e, sapevo già chi è autentico con me e chi fa l’amicone per finta. Piuttosto, pensavo che in Italia sarei stata massacrata, anche perché lo so che la mia dote più grande non è la simpatia... Invece non ho mai ricevuto così tanti compliment­i».

Perché, secondo lei ?

«Credo che la gente abbia capito che ho lottato fino alla fine. Rio è stato totalmente diverso da Londra 2012».

Lei, come uno dei suoi idoli Valentino Rossi, più invecchia più va forte. Come fa?

«Odiamo perdere. E col tempo impariamo a lavorare sui dettagli per contrastar­e i più giovani».

Molti dicono: chi glielo fa fare a quell’età?

«Il limite è la dignità. Se Rossi arrivasse 15° ogni gara o io non entrassi neanche in una finale, capirei, ma non è così… La risposta a quella domanda sta solo nei cronometri».

Miglioro col tempo, come Rossi Il nostro segreto è che odiamo perdere. I risultati del 2016 lo confermano

Tecnicamen­te sta cambiando metodi di lavoro?

«Ho ripreso il dorso e inserirò un po’ di delfino. Variare è fondamenta­le».

E i 100 stile?

«Stanno diventando la mia seconda gara fissa come lo erano i 400. Li farò anche ai Mondiali di Budapest».

Nel frattempo è tornata al centro del gossip per la crisi con Filippo Magnini…

«Quando qualcosa va un po’ fuori dall’ordinario si scatena il finimondo. Io vorrei che la mia vita privata restasse tale, ma purtroppo, soprattutt­o in città come Roma e Milano, faccio fatica: venti paparazzi alla volta 24 ore su 24!».

A Verona no?

«Al massimo un paio quando vado in centro. Si sopportano».

Ma qual è il limite al prezzo della celebrità?

«Non inventare storie false. In questi giorni so perfettame­nte che se esco a cena con un amico poi si dirà che ho un altro fidanzato. Non sono ingenua, ho fatto buon uso anch’io del gossip, lo ammetto, ma alla fine sono un’atleta: non è lo show il centro della mia vita».

Per una come lei sembra una condanna impossibil­e da evitare.

«Già. Mi è successo altre volte, capisco il meccanismo ma non mi piace».

Prima di tuffarsi definitiva­mente nel 2017, che lezione si porterà di quel 2016 incredibil­e e terribile?

«Me ne porto due. La prima, pratica, è che una controllat­a al ciclo va sempre data… La seconda è che se sono riuscita a passare su una delusione così grande è perché sono ancora innamorata del nuoto come il primo giorno».

Su di me e Magnini il solito finimondo... Lo capisco ma non mi piace. Il privato deve restare privato La causa del k.o. ai Giochi è stata la vicinanza al ciclo: l’ho calcolato malissimo e ho nuotato la finale in cattive condizioni fisiche. Non è una scusa, ma un errore di sottovalut­azione. Altro che problemi mentali...

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Tre sfumature di Fede Dall’alto, delusa a Rio; con Filippo Magnini; sorridente su Instagram dal suo kikkafede8­8 con l’ironica didascalia: «E fattela na risata...» (Ap, Inside, Ipp, LaPresse)
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