L’offesa a Raggi e l’argine della decenza che si è perduto
Spesso sono i politici ad avvicinarsi al peggio della «gente»
Muori. L’invito è accompagnato dal consueto insulto che fa riferimento ad attività mercenarie del proprio corpo. Nei giorni in cui il dibattito nelle nostre innumerevoli piazze virtuali è dominato dal tweet di Caterina Balivo sulla moralità di Diletta Leotta, da quello di Asia Argento sulle fattezze di Giorgia Meloni e infine, per chiudere il cerchio su un sessismo spesso spacciato per goliardia, dal titolo di Libero sulla patata bollente di Virginia Raggi, capita di leggere un messaggio del genere rivolto su Facebook a Giorgia Galassi, una superstite dell’hotel Rigopiano.
se Maria Elena Boschi non fosse per caso in tangenziale con Pina Picierno.
Nel 2001, quando durante uno spettacolo diede della vecchia meretrice a Rita Levi Montalcini, ma il termine era più comune ed esplicito, Facebook non esisteva ancora. I social network hanno sicuramente contribuito a sdoganare nella politica e in alcuni media un linguaggio e una lettura del mondo deresponsabilizzata, come se fosse possibile dire tutto, sempre. A voler cercare momenti che hanno segnato il crollo di ogni separazione tra le bacheche virtuali più deleterie e ambiti in teoria più protetti ci si imbatte anche nel deputato pentastellato Massimo De Rosa, che il 30 gennaio 2014 in Aula, rivolto alle colleghe del Pd disse che si trovavano in Parlamento solo per le loro capacità nel sesso orale. E anche qui la frase originale era molto più cruda.
Il declino del rispetto
L’ansia di essere vicini alla gente ha prodotto un avvicinamento al peggio della gente, spesso tollerato con molta indulgenza. Ieri Matteo Salvini