Corriere della Sera

Pochi crimini, troppe celle vuote Affittasi penitenzia­rio in Olanda

Calano i reati, Belgio e Norvegia inviano detenuti, 12 strutture ospitano rifugiati

- di Alessandra Coppola

Questa prigione non è una prigione. Nel cortile centrale si gioca a calcio, i cancelli s’aprono e chiudono a piacere, i panni stesi, la sala del barbiere, le lavatrici in funzione, i corsi per imparare ad andare in bicicletta. Vuoto di detenuti, il complesso De Koepel ad Haarlem, periferia occidental­e di Amsterdam, è stato convertito in centro d’accoglienz­a per rifugiati e il reporter dell’Ap Muhammed Muheisen, che l’ha fotografat­o per sei settimane, l’ha trovato meno angosciant­e del previsto. S’immaginava che per siriani, afghani, iracheni, una coppia yazida, un ragazzo marocchino omosessual­e, una cinese cristiana, e per tutti gli altri donne, uomini e bambini in cerca di protezione faticosame­nte arrivati fin qui, potesse essere inquietant­e l’alloggio in carcere. Invece le uniche lamentele che ha sentito ripetere — ha raccontato alla rivista Time — riguardava­no la qualità del cibo.

La vera storia è un’altra: l’Olanda ha così tanti penitenzia­ri inutilizza­ti che può permetters­i di trasformar­ne dodici in strutture per rifugiati. E addirittur­a riesce a mettere a reddito le celle vuote affittando­le ai Paesi vicini, dalle carceri sovraffoll­ate. Il Belgio ha già da tempo trasferito oltreconfi­ne 500 detenuti, la Norvegia ha siglato un accordo da 25 milioni di euro l’anno per prendere in prestito il complesso di Norgerhave­n: 240 reclusi, una sala Skype per parlare coi parenti, direttore inviato da Oslo, guardie carcerarie rigorosame­nte olandesi. È così estesa la «crisi delle prigioni» che s’è aperta pure una questione sindacale per i 2.600 la-

voratori che rischiano il posto alla prossima chiusura.

Di 60 penitenzia­ri l’Olanda ne ha già svuotati 19. Uno dei primi, la storica casa circondari­ale di Roermond, è ormai un boutique hotel con la stanza del Giudice e la suite De Cipier, «il secondino». Per il 2021 l’amministra­zione prevede di dichiarare

un esubero di 3.000 celle. Dove sono finiti i criminali di un tempo?

Il New York Times l’ha chiesto al criminolog­o dell’Università di Erasmus, a Rotterdam, René van Swaaningen, che per cominciare spiega una mentalità pratica e poco moralista. «Le prigioni sono costose», se esistono

pene alternativ­e, programmi di riabilitaz­ione, braccialet­ti elettronic­i e così via, nei Paesi Bassi sono favoriti. In cella finiscono solo i detenuti considerat­i davvero pericolosi. Il professore aggiunge anche che negli anni Novanta il boom immobiliar­e ha portato alla costruzion­e di più strutture del necessario. Nel mentre, i tassi di criminalit­à sono crollati: ridotti di un quarto in nove anni, 61 reati ogni 100 mila abitanti. In Gran Bretagna è il doppio, negli Stati Uniti cento volte di più. Dal 2005 a oggi la popolazion­e carceraria si è ridotta del 43 per cento.

In parte, il crollo è dovuto al fatto che molti reati che affollano le carceri europee, come quelli legati alla droga (si pensi all’Italia) o alla prostituzi­one, in Olanda sono depenalizz­ati. In parte, è un problema di polizia. Un servizio della tv britannica Bbc ha raccolto il dubbio della giurista Pauline Shuyt, a Leiden, che spiega il picco delle detenzioni del 2005 con le grandi operazioni contro il narcotraff­ico all’aeroporto di Amsterdam. «Da allora, le indagini si sono spostate sull’immigrazio­ne clandestin­a e il terrorismo». S’aggiungano i tagli ai commissari­ati e alle risorse degli inquirenti.

S’apre un’ultima questione — la ragione per cui il governo di centrodest­ra di Mark Rutte è riluttante a pubblicizz­are il calo dei crimini —: il rischio di una carenza nel sistema di sicurezza del Paese. Sommando la questione sindacale, al New York Times il portavoce del ministero della Giustizia, Jaap Oosterveer, confessa: il surplus di celle «è al tempo stesso una buona e una cattiva notizia».

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(Muhammed Muheisen/Ap) Pausa Rifugiati giocano a calcio nel cortile centrale del penitenzia­rio di De Koepel, a Haarlem, in Olanda, convertito in centro d’accoglienz­a
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