In autobus con Marcelo nell’Ungheria di Orbán
Sarà anche vero che la Storia siamo noi, ma in questo caso, la Storia è proprio lui. Nella vita di Marcelo Cake-Baly, cinquantottenne autista di autobus che il regista ungherese Roland Vranik ha scelto come protagonista del film The Citizen, ci sono infatti gli strappi dei decenni che abbiamo alle spalle e le controrivoluzioni di quelli che stiamo vivendo.
Fuggito nel 1976 dall’instabilità postcoloniale della Guinea-Bissau, Marcelo arriva a Budapest quando l’ipocrita burocrazia del socialismo reale si verniciava di internazionalismo. Studia, si laurea in Economia, lavora nel settore bancario ma rimane senza impiego dopo la caduta del regime: è indispensabile la cittadinanza, perché, finiti gli anni oscuri, sono arrivate le liberalizzazioni a senso unico. Inizia così un periodo difficile, dominato dalla ricerca della sicurezza. Poi, finalmente, la società dei trasporti urbani lo assume.
Oggi non scrive poesie al volante, come il collega Paterson nel New Jersey. Si è sposato, ha tre figli. La sua è un’esistenza tranquilla, pienamente normale, anche se nella sua nuova patria soffia il vento del risentimento. Qualche tempo fa un giovane passeggero a cui aveva chiesto di non fumare lo scambia per un migrante e gli urla che avrebbe dovuto anche lui «morire affogato nel mare». Sembra che il mondo abbia ancora bisogno di Rosa Parks, che non cedette il posto ad un bianco, o di Alexander Dubcek, che in tram offriva ironicamente il suo al funzionario dei servizi incaricato di controllarlo.
Le sconfitte e le vittorie che Cake-Baly affronta nel film sono simili a quelle vissute nella sua battaglia di personaggio-simbolo. Gli esami che non finiscono mai, per esempio, perché la legittima esigenza di creare standard comuni di diritti e doveri si può trasformare in una assurda lezione di nazionalismo. Ma il nocciolo della questione non è soltanto l’Ungheria di Orbán o i Paesi che chiudono la porta, obbligando altri a tenerla spalancata. Se la lotta degli essere umani per integrarsi può essere anche un percorso senza tempo e senza spazio, individuale o collettivo, la loro sopravvivenza, oggi, è legata alla realtà che conosciamo. La «risistemazione» del disordine europeo non può fare a meno di un disegno che era già stato tracciato.
@Paolo_Lepri Marcelo Cake-Baly, 58 anni, autista di bus e attore ungherese