L’abisso delle foibe, una voragine nella storia dell’umanità
La Rai ha doverosamente celebrato il «Giorno del Ricordo», che è un brutto ricordo, una macchia difficile da cancellare: il 10 febbraio è il giorno in cui istriani, fiumani e dalmati celebrano l’esodo, mantengono in vita la memoria di un crimine orrendo. Rai2 ha seguito in diretta (venerdì, ore 10.58) la celebrazione che si è tenuta nell’aula di Montecitorio, presenti Laura Boldrini e Pietro Grasso. Molto toccanti le dure testimonianze dei discendenti, che incredibilmente aspettano ancora giustizia.
Il 10 febbraio 1947 a Parigi fu siglato il Trattato di pace fra l’Italia e le Forze alleate: il nostro Paese dovette riconoscere di aver intrapreso una guerra di aggressione e, come pegno della sconfitta, cedere alla Jugoslavia l’Istria e la Dalmazia. Intanto, fin dal ‘43, si era scatenata una sanguinosa e tribale caccia all’italiano da parte dei partigiani titini. Circa 350.000 persone, di ogni ceto sociale, furono cacciate dal nuovo regime nazionalsocialista che pensò bene di confiscare le loro proprietà, di emarginarle dalla vita pubblica, spesso di eliminarle gettandole nelle foibe: una pagina indegna di pulizia etnica, dove incombe il triste rituale dei corpi gettati nelle cavità carsiche.
Le foibe sono un abisso, la voragine dell’inebetimento umano. Non paragonabili al calcolato progetto di genocidio dei nazisti ma pur sempre parte di quell’ideologia di purificazione etnica che imbianca tutti i sepolcri del mondo. Ieri come oggi. Ma non basta confrontarsi non con le foibe ma anche con il modo con cui molti italiani accolsero quei connazionali: l’epiteto più gentile era «banditi giuliani», giusto per equipararli al più insigne fuorilegge; i ferrovieri di Bologna negarono loro un piatto di minestra perché li consideravano fascisti.
È assurdo come a volte ci accorgiamo di aver convissuto così a lungo con imbarazzanti rimozioni storiche, con ferite frettolosamente marginate dalla convenienza politica.