Avetrana, dopo 7 anni l’ultima verità Sì all’ergastolo per Sabrina e Cosima
La Cassazione: Sarah uccisa da cugina e zia. Torna in carcere Michele Misseri, 8 anni
Sarah, prima di tutto. E poi Sabrina, Cosima, Michele, Carmine e tutti gli altri. I loro volti, le loro storie e molti dettagli anche personali delle loro vite sono stati per quasi sette anni le sole «cartoline» spedite agli italiani da Avetrana, un paese non lontano né dal mare né da Taranto.
Ieri l’ultima: di nuovo le loro facce, stavolta perché è stata emessa la sentenza della condanna definitiva per il delitto di Sarah Scazzi, la ragazzina di 15 anni che ad Avetrana era cresciuta e che lì è morta strangolata il 26 agosto del 2010. La Corte di Cassazione ha
scritto il capitolo finale della storia tragica di quella ragazzina: ha confermato l’ergastolo per sua zia Cosima Serrano e sua cugina Sabrina Misseri (già ritenute colpevoli sia in primo sia in secondo grado) e ha condannato a otto anni di reclusione (anche qui una conferma) suo zio Michele. Marito di Cosima e padre di Sabrina, Michele è accusato di essersi disfatto del cadavere con l’aiuto di suo fratello Carmine, pure lui condannato a 4 anni e 10 mesi.
La verità giuridica, quindi, è scritta. Quel giorno caldissimo di agosto Sarah andò a casa degli zii e non tornò mai più. L’accusa sostiene che fu uccisa in casa da Sabrina e da sua madre e che il capofamiglia entrò in scena per far sparire il cadavere e salvare così tutti quanti. Omicidio d’impeto, hanno detto le due sentenze di primo e secondo grado, dettato dalla gelosia di Sabrina verso la cuginetta e da un «autonomo risentimento» da parte di Cosima.
Per 42 giorni Concetta, la madre di Sarah, la cercò di strada in strada, nelle campagne, attraverso la Rete, con ripetuti appelli in televisione. Niente. Sembrava svanita nel nulla, fino a quando Michele Misseri non raccontò a tutti di aver ritrovato il suo telefonino. Fu a quel punto che l’inchiesta puntò dritta verso lui e la sua famiglia e quando fu arrestato Michele crollò davanti al pubblico ministero Mariano Buccoliero: «L’ho ammazzata e l’ho buttata in un pozzo» raccontò.
La trovarono che galleggiava nell’acqua di quella vecchia cisterna in una contrada alle porte di Avetrana. E Michele, così dettagliato nel raccontare come si era disfatto del suo corpo, cominciò a dire cose confuse sull’omicidio. Contraddizioni, versioni riviste più volte, poi il colpo di scena: il contadino di Avetrana ritrattò la confessione e accusò sua figlia Sabrina.
La ragazza fu arrestata e dopo di lei anche Cosima. Si sono sempre dette innocenti ed è stato Michele che, dopo aver tirato in ballo sua figlia, ha giocato di nuovo la carta della ritrattazione: «Me l’hanno fatto dire ma io non volevo accusare Sabrina. Sono stato io, soltanto io a uccidere Sarah. Sabrina e Cosima sono innocenti» ripete senza che nessuno gli creda. Un paradosso che è andato avanti per anni: lui a chiedere di essere arrestato per l’omicidio, non per la sola soppressione di cadavere, sua moglie e sua figlia a sperare in un’assoluzione.
Per loro, invece, da ieri la fine della pena è mai. «Due sventurate» le ha definite l’avvocato
Roberto Borgogno che difendeva Cosima. «È un enorme errore giudiziario». Sabrina era difesa dal professor Franco Coppi che non era presente alla lettura della sentenza e che però nelle ore precedenti aveva provato anche a immaginare il peggio: «Che Dio non voglia che questa ragazza passi il resto dei suoi giorni in carcere ingiustamente».
«Il primo pensiero dopo questa sentenza va a Sarah» ha commentato Walter Biscotti, legale di parte civile per la madre della ragazza. Per conto di suo padre il collega Nicodemo Gentile ha invece parlato della famiglia Misseri come di «un clan, hanno smarrito il senso della pietà umana».
Tutto questo mentre Michele e suo fratello Carmine lasciavano Avetrana per il carcere. E mentre in paese la gente chiedeva: «Adesso basta con questa storia, vogliamo un po’ di pace». Sperando che pace non voglia dire dimenticare i 15 anni di Sarah buttati in un pozzo.
Michele e il fratello Zio Michele occultò il cadavere con il fratello Carmine, condannato a 4 anni e 10 mesi La difesa Per i legali «è un errore giudiziario enorme» Sono state condannate «due sventurate»