I guardiani dell’Etna
Antonio Parrinello, 52 anni, collabora con le più importanti testate italiane ed estere. Per la rivista Goedes ha realizzato reportage in Sudamerica, Colombia e Nicaragua. Attualmente lavora per l’agenzia Reuters per la quale segue i più importanti fatti di cronaca dal sud Italia Escursioni Turisti con la guida Marco Conte ammirano la colata lavica. Attualmente le escursioni sono libere fino a quota 2.500 metri, dove arriva anche la funivia, e fino a 2.600 metri accompagnati da una guida Etna è tra i vulcani meglio monitorati al mondo, vengono da ogni angolo del pianeta per studiare come teniamo sotto controllo questa forza della natura». Stefano Branca, responsabile del monitoraggio vulcanologico, è persona di poche parole ma su questo si accende. Lui, con altri 50 ricercatori dell’Ingv di Catania, è sulla prima linea dei «guardiani dell’Etna». Studiosi che 24 ore su 24 tengono sotto controllo quella che tutti chiamano semplicemente «a Muntagna». La chiama così persino Boris Behncke, tedesco arrivato a Catania per uno stage e mai più andato via. C’era anche lui tra i 10 feriti dell’esplosione freatica di qualche giorno fa. Ha cercato di sdrammatizzare ma vederlo con la giacca a vento tempestata dai lapilli infuocati ha fatto sorgere la domanda. Ma è sicuro andare sull’Etna? Chi vigila?
«Sicurezza assoluta su un vulcano non ci sarà mai — ammette un altro ricercatore, Marco Neri — e comunque non è nostro compito, noi facciamo il massimo sul fronte del monitoraggio». Il controllo avviene sostanzialmente su quattro reti che controllano tremori, deformazioni del suolo, emissioni di gas e infine osservazione con telecamere anche a raggi infrarossi. «Dati fondamentali per interpretare l’Etna. Tremori, deformazioni e gas sono i segni premonitori di un’eruzione». I dati vengono poi inviati alla Protezione civile. Ma non basta il monitoraggio. Va gestita anche la fruizione di un vulcano che ogni anno è meta di oltre un milione di visitatori da tutto il mondo. E qui entrano in campo Guardia di Finanza, Polizia, Forestale e guide. Le quote di accesso al vulcano sono modulate in base alle fasi di attività. «In caso di eruzione scoppia la follia collettiva, la gente si avventura da tutte le parti — spiega il comandante della Forestale Luca Ferlito — in un contesto in cui spesso è inesistente la segnaletica». Malgrado non sempre tutto funzioni al meglio, andando a ritroso sono pochi gli incidenti gravi sull’Etna. Il grosso dei danni è invece legato alle colate laviche che nei secoli hanno seminato devastazione. Ma su questo anche i guardiani dell’Etna possono fare ben poco. Motoslitta La guida Pietro La Rosa, di spalle, insieme a un agente del soccorso alpino della polizia a bordo di una motoslitta durante i controlli sul fronte lavico dell’eruzione nei pressi del Belvedere della Valle del Bove