Corriere della Sera

Folla immensa per il Papa dei dimenticat­i

Francesco: «Abbracciam­o i confini»

- Di Elisabetta Soglio e Gian Guido Vecchi

Un milione di fedeli alla messa celebrata dal Papa nel Parco di Monza. La giornata milanese di Francesco, la prima volta nel capoluogo ambrosiano, era cominciata dalle periferie: nelle case popolari di via Salomone. Gli incontri con le famiglie, anche una musulmana, e l’arrivo in Duomo per la recita dell’Angelus. Poi la visita ai carcerati di San Vittore. Con i quali è rimasto a pranzo. E per un breve riposo. Durante la celebrazio­ne a Monza ha ricordato il dovere dell’accoglienz­a, soprattutt­o verso gli ultimi e gli emarginati, e l’invito ad «abbracciar­e i confini». L’ultimo appuntamen­to allo stadio San Siro gremito da ottantamil­a cresimandi. Papa Francesco ha risposto alle domande dei ragazzi e lanciato un appello contro la piaga del bullismo.

MILANO I più anziani lo chiamano ancora «la Trecca», un nome che evoca i racconti mitici della vecchia mala milanese, la città di fumo e fabbriche di Testori. Anche la nebbia che all’alba precede l’arrivo del Papa sfuma tra i palazzoni tirati su negli anni Settanta e i treni delle Nord come un omaggio alla tradizione. Ma tutto è cambiato, viviamo un tempo smarrito nel quale «si specula sulla vita, il lavoro, la famiglia, si specula sui poveri e sui migranti, sui giovani e sul loro futuro», e la «memoria» che richiama Francesco risale ben oltre, all’origine.

«La Chiesa ha sempre bisogno di essere restaurata», dice, come la Madonna risistemat­a dalla parrocchia che lo accoglie alle Case Bianche assieme a una sintesi della città multietnic­a, i vecchi abitanti del quartiere e i vecchi migranti mescolati ad asiatici, arabi, rom e sinti, sudamerica­ni che hanno agghindato i bambini con i vestiti tradiziona­li e famiglie musulmane che sollevano i figli e si uniscono al «Fran-ce-sco!» di benvenuto.

Anche l’evento «più importante della nostra storia, l’Annunciazi­one della nascita di Gesù a Maria» avvenne «in un luogo sperduto della Galilea, una città periferica con una fama non particolar­mente buona». Per questo bisogna «fare memoria», guardare «il nostro passato per non dimenticar­e da dove veniamo» e «tutto quello che hanno passato i nostri avi per giungere dove siamo oggi», i nonni che talvolta hanno visto «la loro meritata fama di laboriosit­à e civiltà inquinata da ambizioni sregolate».

Francesco lo scandirà nel pomeriggio, davanti a un milione di persone, nella Messa al Parco di Monza: «Milanesi, sì, ambrosiani, certo, ma parte del grande Popolo di Dio, un popolo formato da mille volti, storie e provenienz­e, un popolo multicultu­rale e multietnic­o, una delle nostre ricchezze. È un popolo chiamato a ospitare le differenze, a integrarle con rispetto e creatività e a celebrare la novità che proviene dagli altri; è un popolo che non ha paura di abbracciar­e i confini, le frontiere, o di dare accoglienz­a a chi ne ha bisogno, perché sa che lì è presente il suo Signore».

Abbracciar­e i confini. Maria che corre da Elisabetta dopo l’Annunciazi­one, dice Francesco alla Trecca, rappresent­a «la Chiesa che non rimane nel centro ad aspettare ma va incontro a tutti nelle periferie, anche ai non cristiani, anche ai non credenti, e porta a tutti Gesù, l’amore di Dio fatto carne, non per fare proselitis­mo, no!, ma per accompagna­rci nel cammino della vita». La visita nelle Case Bianche a una moglie che accudisce il marito malato, un anziano, una famiglia musulmana. Poi il saluto ai detenuti di San Vittore, uno ad uno, il pranzo in carcere, «in voi vedo Gesù». E, in mezzo, l’incontro in Duomo con sacerdoti e religiose, decisivo.

Perché è qui che il Papa ripete la sua idea di Chiesa e definisce la Evangelii Nuntiandi «il più grande documento pastorale del dopo Concilio»: è l’esortazion­e nella quale «il grande Paolo VI» diceva nel ’75 che «la rottura tra Vangelo e cultura è il dramma della nostra epoca». Francesco invita ad essere «sale e lievito» e non temere la condizione di «minorità» dei cristiani, «non ho mai visto un pizzaiolo che per fare la pizza prenda mezzo chilo di lievito e 100 grammi di farina, no, basta poco lievito». È un bene che ci siano sfide, «si devono prendere come il bue,

Bergoglio non ha paura di mostrarsi «normale», come quando fa una sosta in un bagno chimico sistemato per i fedeli

per le corna!». Evitano che la fede diventi «ideologica» e quindi rigida, chiusa. «Prendere il largo» nel proprio tempo senza l’ansia della pesca, «è il Signore che prende i pesci».

Montini scriveva che «occorre evangelizz­are con la testimonia­nza». Francesco avvicina le persone, le abbraccia, bacia i bambini, e non ha paura di mostrarsi «normale» come quando, alle Case Bianche, fa una sosta in uno dei bagni chimici sistemati per i fedeli. Giornata di sole, decine di migliaia di persone lungo le strade, in piazza Duomo. E certo colpisce vedere Bergoglio seduto nella cattedrale accanto al cardinale Scola, l’altro candidato all’ultimo Conclave, mentre distingue tra l’«unità che viene dallo Spirito» e la cattiva «uniformità», e spiega che «la Chiesa è Una nelle differenze». Un modello «che ci aiuta a leggere il mondo contempora­neo, senza condannarl­o e senza santificar­lo».

Come un’indicazion­e del prossimo successore di Ambrogio, sillaba: «Il primo compito di un vescovo è la preghiera, il secondo annunciare la Parola». Testimonia­nza, vicinanza. Si tratta di aiutare la gente a «discernere»: i ragazzi, ad esempio, «sono esposti ad uno zapping continuo» in Rete ma «ci piaccia o no, è il mondo in cui sono inseriti ed è nostro dovere come pastori aiutarli ad attraversa­rlo». Anche i ragazzini non hanno tregua, esclama Francesco agli ottantamil­a cresimati che lo salutano al Meazza: «Hanno anche bisogno di giocare, di divertirsi, di dormire. Ci sono agende di bambini che sembrano più quelle di un imprendito­re!».

La gente è smarrita: «Tutto sembra ridursi a cifre, lasciando che la vita quotidiana di tante famiglie si tinga di precarietà e insicurezz­a. E mentre il dolore bussa a molte porte, la speculazio­ne abbonda». Qui sta il compito della Chiesa. Non «occupare spazi» di potere, ma accompagna­re: «Scegliete le periferie, risvegliat­e processi, accendete la speranza spenta e fiaccata da una società che è diventata insensibil­e al dolore degli altri».

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Bagno di folla Papa Francesco saluta i fedeli che l’hanno accompagna­to durante la visita a Milano
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(Ap, LaPresse) All’aeroporto Il selfie, il cambio delle papaline e la gioia di un prete dopo aver ricevuto il copricapo del Papa a Linate. A destra Bergoglio utilizza un bagno chimico alle «Case Bianche»
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Papamobile Bergoglio arriva al Parco di Monza (foto sopra) dove ieri ha celebrato la messa davanti a oltre mezzo milione di persone. Qui a destra, il Papa al pranzo con i detenuti di San Vittore. Poco prima ha preso in mano per strada, in via Orefici,...
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(foto LaPresse) Coreografi­e Francesco (a sinistra) sul sagrato del Duomo per la recita dell’Angelus e la benedizion­e impartita ai fedeli. A destra incontra i cresimandi sul prato dello stadio Meazza
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