Le due Madonnine di Milano che hanno cancellato ogni distanza tra centro e periferia
Un’altra Madonnina tocca il cuore di Milano mentre papa Francesco cancella le distanze tra centro e periferia. È semplice, povera, appena restaurata, è un rifugio di preghiera contro le miserie della vita che si accumulano nella sgangherata caserma umana di via Salomone. Il Papa la guarda in un ritratto, sorride, abbraccia malati e disabili, ringrazia per la stola che gli hanno regalato, «mi tocca in modo speciale perché è un segno tipicamente sacerdotale e io entro in Milano come sacerdote», poi si ferma sommerso dagli applausi. Riesce a dire: «Io lo so che a Milano mi accoglie la Madonnina, in cima al Duomo, ma grazie al vostro dono la Madonna mi accoglie già da qui, all’ingresso. E questo è importante...». Di colpo si annullano le differenze tra i luoghi e i simboli, tra la Madonnina da appoggiare sul piedistallo di legno dell’edicola di quartiere e quella avvolta nel rame dorato del Duomo, sulla guglia maggiore dal 1774, quella che il Porta chiamava sua majestaa e il maestro D’Anzi omaggiava con la canzone più famosa: ti te dominet Milan. Le due Madonnine parlano alla stessa città, raccolgono le stesse speranze, indicano le vie dell’accoglienza e della generosità, testimoniano la stessa fiducia in luoghi che l’incuria e il degrado rende diversi. «Questa Madonnina mi ricorda mia madre, che mi aspettava all’uscita da scuola, dal collegio», continua a braccio papa Francesco. Una premura affettuosa, la stessa che deve avere la Chiesa «che va incontro a tutti nelle periferie» e che «deve essere restaurata come la vostra Madonnina, perché è fatta da noi, che siamo peccatori». Milano sembra più bella, anche in via Salomone.